martedì 13 dicembre 2016

NATURA 2000. Cos'è e come funziona la Rete ecologica dell'UE


Il continuo degrado degli habitat naturali e le minacce che gravano su talune specie figurano fra i principali aspetti oggetto della politica ambientale dell’Unione Europea che, da diverso tempo, cerca di garantire la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche sul territorio degli Stati membri. 
A tale scopo è stata creata una Rete ecologica di zone speciali protette, denominata «Natura 2000».
La Rete nasce attraverso un atto giuridico, una Direttiva denominata «Habitat» che, in sintesi, mira a contribuire alla conservazione della biodiversità negli Stati membri definendo un quadro comune per la conservazione degli habitat, delle piante e degli animali di interesse comunitario.
Natura 2000 è la più grande rete ecologica del mondo (rappresenta circa il 18 % del territorio terrestre dell’UE) ed è costituita da zone speciali di conservazione designate dagli Stati membri a titolo sia della direttiva Habitat che di un'altra Direttiva denominata «Uccelli». 
I tipi di habitat e le specie la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione sono contenuti negli allegati I e II della direttiva. Alcuni di essi sono definiti come tipi di habitat o di specie «prioritari» (che rischiano di scomparire). L’allegato IV elenca invece le specie animali e vegetali che richiedono una protezione rigorosa. Vengono così creati:
  • Siti di Interesse Comunitario (SIC)
  • Zone Speciali di Conservazione (ZSC)
  • Zone di Protezione Speciale (ZPS) 
In Italia, i SIC, le ZSC e le ZPS coprono complessivamente circa il 19% del territorio terrestre nazionale e quasi il 4% di quello marino. È importante evidenziare che le aree che compongono la rete Natura 2000 non sono riserve rigidamente protette dove le attività umane sono escluse. La Direttiva Habitat intende garantire la protezione della natura tenendo anche "conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali" (Art. 2). Ad esempio, i soggetti privati possono essere proprietari di siti Natura 2000, assicurandone una gestione sostenibile sia dal punto di vista ecologico che economico.
La designazione delle zone speciali di conservazione avviene in tre tappe. Secondo i criteri stabiliti dagli allegati, ogni Stato membro redige un elenco di siti che ospitano habitat naturali e specie animali e vegetali selvatiche. In base a tali elenchi nazionali e d’accordo con gli Stati membri, la Commissione adotta un elenco di siti d’importanza comunitaria per ognuna delle nove regioni biogeografiche dell’UE (la regione alpina, la regione atlantica, la regione del Mar Nero, la regione boreale, la regione continentale, la regione macaronesica, la regione mediterranea, la regione pannonica e la regione steppica). Entro un termine massimo di sei anni a decorrere dalla selezione di un sito come sito d’importanza comunitaria, lo Stato membro interessato designa il sito in questione come zona speciale di conservazione.
Nel caso in cui la Commissione ritenga che un sito che ospita un tipo di habitat naturale o una specie prioritaria non sia stato inserito in un elenco nazionale, la direttiva prevede l’avvio di una procedura di concertazione tra lo Stato membro interessato e la Commissione. Qualora la concertazione non porti a un risultato soddisfacente, la Commissione può proporre al Consiglio di selezionare il sito come sito di importanza comunitaria.
Nelle zone speciali di conservazione, gli Stati membri (e le regioni) prendono tutte le misure necessarie per garantire la conservazione degli habitat e per evitarne il degrado nonché significative perturbazioni delle specie. La direttiva prevede la possibilità che la Comunità cofinanzi le misure di conservazione.
Spetta inoltre agli Stati membri (ed alle regioni):
  • favorire la gestione degli elementi del paesaggio ritenuti essenziali per la migrazione, la distribuzione e lo scambio genetico delle specie selvatiche;
  • applicare sistemi di protezione rigorosi per talune specie animali e vegetali minacciate (allegato IV) e studiare l’opportunità di reintrodurre tali specie sui rispettivi territori;
  • proibire l’impiego di metodi non selettivi di prelievo, di cattura e uccisione per talune specie vegetali ed animali (allegato V).
Ogni sei anni gli Stati membri riferiscono sulle disposizioni adottate in applicazione della direttiva.

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