venerdì 1 febbraio 2019

Good news per gli amanti del Sushi: in vigore l'accordo UE-Giappone, la più grande zona di libero scambio del mondo

ec.europa.eu

L'accordo di partenariato economico (APE) tra l'UE e il Giappone entra in vigore oggi 1º febbraio 2019. Si tratta della più grande zona di libero scambio del mondo. Un nuovo mercato di 635 milioni di persone, quasi un terzo del PIL mondiale che, ogni anno, assicurerebbe un risparmio di circa 1 miliardo di € in dazi, pagati ogni anno dalle imprese dell'UE che esportano in Giappone. Con la piena attuazione dell'accordo il Giappone avrà soppresso i dazi doganali sul 97% delle merci importate dall'UE.

L'accordo elimina inoltre una serie di annosi ostacoli non tariffari, ad esempio approvando le norme internazionali sugli autoveicoli. Saranno inoltre eliminati gli ostacoli che si frappongono tra i principali esportatori di alimenti e bevande dell'UE e i 127 milioni di consumatori giapponesi e aumenteranno le opportunità di esportazione in vari altri settori. Con la piena attuazione dell'accordo, gli scambi commerciali tra l'UE e il Giappone potrebbero aumentare di quasi 36 miliardi di € all'anno.
L'UE e il Giappone hanno deciso di fissare norme ambiziose in materia di sviluppo sostenibile e il testo prevede, per la prima volta, un impegno specifico per l'attuazione dell'accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.

Elementi chiave dell'accordo di partenariato economico

Per quanto riguarda le esportazioni agricole dall'UE, l'accordo in particolare:
  • eliminerà i dazi giapponesi su molti formaggi, come il Gouda e il Cheddar (attualmente del 29,8%) e sulle esportazioni di vini (attualmente del 15% in media);
  • consentirà all'UE di aumentare in modo sostanziale le esportazioni di carni bovine verso il Giappone mentre, per quanto riguarda le carni di maiale, il commercio sarà esente da dazi per le carni trasformate e quasi esente da dazi per le carni fresche;
  • garantirà la protezione in Giappone di oltre 200 prodotti agricoli europei di alta qualità, le cosiddette indicazioni geografiche (IG), come pure la protezione nell'UE di una serie di IG giapponesi.
L'accordo garantisce altresì l'apertura dei mercati dei servizi, in particolare quelli dei servizi finanziari, del commercio elettronico, delle telecomunicazioni e dei trasporti. Inoltre:
  • agevola l'accesso delle imprese dell'UE ai vasti mercati degli appalti di 54 grandi città giapponesi ed elimina su scala nazionale gli ostacoli esistenti negli appalti in un settore economicamente importante come quello ferroviario;
  • prevede per specifici settori sensibili dell'UE, come quello automobilistico, periodi di transizione della durata massima di 7 anni prima della soppressione dei dazi doganali.
L'accordo contiene anche un ampio capo sul commercio e sullo sviluppo sostenibile, include elementi specifici di semplificazione per le piccole e medie imprese, fissa standard molto elevati in materia di lavoro, sicurezza e tutela dell'ambiente e dei consumatori, rafforza gli impegni dell'UE e del Giappone a favore dello sviluppo sostenibile e nella lotta ai cambiamenti climatici e tutela pienamente i servizi pubblici.

Caccia alla balena e disboscamento illegale

Da oltre 35 anni l'UE vieta tutte le importazioni di prodotti ricavati dalle balene, e questo non cambierà con l'accordo di partenariato economico. L'UE e i suoi Stati membri sono impegnati per la conservazione e la protezione delle balene e hanno ripetutamente espresso forti riserve sulla caccia alla balena per fini scientifici. Le balene godono di una protezione particolare ai sensi del diritto dell'Unione e l'UE attua in modo rigoroso il divieto di commercio dei loro prodotti in linea con la convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES). L'UE affronta la questione della caccia alla balena esercitata dai paesi terzi, compreso il Giappone, sia nelle relazioni bilaterali sia nelle sedi internazionali più consone (ad esempio la Commissione baleniera internazionale, nel cui ambito collaboriamo con partner che condividono i nostri stessi principi per affrontare la questione della caccia alla balena in Giappone).
L'accordo comprenderà un capo sullo sviluppo sostenibile, che rappresenterà un'ulteriore piattaforma per la promozione del dialogo e della collaborazione tra l'UE e il Giappone sulle questioni ambientali rilevanti nel contesto degli scambi commerciali.
L'UE e il Giappone condividono un impegno comune a combattere il disboscamento illegale e il relativo commercio di prodotti forestali.
Per quanto riguarda la protezione dei dati, lo scorso 23 gennaio l'UE e il Giappone hanno adottato decisioni intese a consentire la circolazione libera e sicura dei dati personali tra i due partner, concordando di riconoscere come "equivalenti" i rispettivi sistemi di protezione dei dati e creando in tal modo il più grande spazio di di circolazione sicura dei dati al mondo.
A partire dal 1° febbraio sarà applicata in via provvisoria anche gran parte di un altro accordo: l'accordo di partenariato strategico tra l'Unione europea e il Giappone. Tale accordo, sottoscritto nel luglio dello scorso anno insieme all'accordo di partenariato economico, costituisce il primissimo accordo quadro bilaterale concluso tra l'UE e il Giappone e rafforza il partenariato globale fornendo un contesto più ampio per una collaborazione politica e settoriale rafforzata e azioni congiunte su questioni di comune interesse, comprese le sfide regionali e globali. L'accordo entrerà in vigore una volta che sarà stato ratificato da tutti gli Stati membri dell'UE.

Prossime tappe

L'accordo di partenariato economico entra in vigore ora. Per fare il punto sui primi mesi di attuazione, è stato fissato per il prossimo aprile a Bruxelles il primo incontro del comitato UE-Giappone. Per quanto riguarda la questione parallela della protezione degli investimenti, i negoziati con il Giappone sulle norme per la protezione degli investimenti e sulla risoluzione delle controversie in tale ambito proseguono con una riunione dei capi negoziatori prevista per marzo 2019. Entrambe le parti hanno assunto il fermo impegno di raggiungere al più presto una convergenza nei negoziati sulla protezione degli investimenti, alla luce dell'impegno comune a favore di un contesto stabile e sicuro per gli investimenti in Europa e Giappone.

Per ulteriori informazioni

MEMO sull'accordo di partenariato economico
Sito web dedicato comprendente:
Scheda informativa sull'accordo di partenariato strategico
Social media: @Trade_EU

giovedì 31 gennaio 2019

Codice di buone prassi contro la disinformazione: Google, Facebook, Twitter, Mozilla ci dicono come si conformeranno..

Euromaidan Press

La Commissione europea ha pubblicato le prime relazioni presentate dai firmatari del codice di buone prassi contro la disinformazione firmato a ottobre 2018. La Commissione accoglie con favore i progressi compiuti ma invita anche i firmatari a intensificare gli sforzi in vista delle elezioni europee del 2019. Google, Facebook, Twitter, Mozilla e le associazioni del settore pubblicitario hanno presentato le prime relazioni sulle misure adottate per conformarsi al codice di buone pratiche sul tema della disinformazione

 Sono stati compiuti alcuni progressi, come per esempio la rimozione di profili falsi e la limitazione della visibilità dei siti che promuovono disinformazione. Sono necessarie tuttavia ulteriori iniziative per garantire la piena trasparenza dei messaggi pubblicitari di natura politica entro l'inizio della campagna delle elezioni europee in tutti gli Stati membri dell'UE per consentire un accesso adeguato ai dati delle piattaforme a fini di ricerca e per garantire una corretta cooperazione tra le piattaforme e i singoli Stati membri attraverso i punti di contatto nel sistema di allarme rapido.
Secondo le relazioni, che interessano misure adottate entro il 31 dicembre 2018, le società online sono intervenute in modo più capillare e incisivo in alcuni ambiti, quali l'eliminazione dei profili falsi e la demonetizzazione dei vettori di disinformazione, rispetto ad altri. In particolare, dalle relazioni emerge che:
  • Facebook ha adottato o sta adottando misure per l'attuazione di tutti gli impegni ma adesso deve fornire maggiore chiarezza su come la rete sociale applicherà i suoi strumenti di emancipazione dei consumatori e su come rafforzerà la collaborazione con i verificatori di fatti e i ricercatori in tutta l'UE.
  • Google ha preso provvedimenti per attuare tutti gli impegni, in particolare quelli volti a migliorare il controllo degli annunci pubblicitari, la trasparenza della pubblicità di natura politica, e a fornire agli utenti informazioni, strumenti e sostegno che consentano un maggiore controllo dell'esperienza online. Alcuni strumenti sono tuttavia disponibili solo in un numero ristretto di Stati membri. La Commissione esorta inoltre il motore di ricerca online a sostenere azioni di ricerca su più ampia scala.
  • Twitter ha dato priorità ad azioni contro i soggetti malintenzionati, eliminando i profili falsi e sospetti nonché i sistemi/bot automatizzati. Sono comunque necessarie ulteriori informazioni per capire come queste azioni eviteranno che i vettori di disinformazione più tenaci promuovano i loro tweet.
  • Mozilla sta per lanciare una versione aggiornata del suo motore di ricerca che prevede il blocco predefinito del monitoraggio intersito, ma dovrebbe spiegare più concretamente come questo strumento limiterà l'acquisizione delle informazioni relative alla navigazione degli utenti, che potrebbero essere sfruttate nell'ambito di campagne di disinformazione.
Per le prossime relazioni la Commissione si aspetta che Google, Facebook, Twitter e Mozilla sviluppino un approccio più sistematico, che consenta un monitoraggio e una valutazione adeguati e regolari, sulla base di appropriati dati sulle prestazioni.
Per quanto riguarda le associazioni che rappresentano il settore pubblicitario (World Federation of Advertisers, European Association of Communication Agencies and Interactive Advertising Bureau Europe) la Commissione apprezza gli sforzi compiuti per sensibilizzare il pubblico in merito al codice ma nota anche l'assenza di società firmatarie e sottolinea il ruolo chiave che i marchi e gli inserzionisti svolgono nel loro sforzo di demonetizzare i vettori di disinformazione.

Prossime tappe

Le relazioni interessano misure adottate dalle società online e dal settore pubblicitario entro il 31 dicembre 2018. Per il mese di gennaio 2019 le piattaforme online dovrebbero fornire alla Commissione informazioni dettagliate nei prossimi giorni. Questa prima relazione mensile sarà pubblicata a febbraio 2019 e seguita da analoghe relazioni a scadenza mensile fino a maggio 2019. La Commissione potrà così verificare che prima delle elezioni europee siano in atto politiche efficaci, che si concentrano soprattutto sull'integrità dei processi elettorali.
Entro la fine del 2019, vale a dire al termine del suo periodo iniziale di 12 mesi, la Commissione effettuerà una valutazione globale del codice. Qualora i risultati si rivelassero insoddisfacenti, la Commissione potrebbe proporre ulteriori azioni, anche di natura regolamentare.

Contesto

Il monitoraggio del codice di buone pratiche rientra nel piano d'azione contro la disinformazione adottato dall'Unione europea lo scorso dicembre per sviluppare le capacità e rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri e le istituzioni dell'UE al fine di affrontare in modo proattivo le minacce connesse alla disinformazione.
I firmatari hanno aderito al codice nell'ottobre 2018 in maniera volontaria.
Il codice mira a raggiungere gli obiettivi definiti dalla comunicazione della Commissione presentata ad aprile 2018 stabilendo un'ampia gamma di impegni articolati in cinque settori:
  • fermare i profitti derivanti da pubblicità fatta da profili e siti web che alterano l'informazione e fornire agli inserzionisti adeguati strumenti di sicurezza e informazione in relazione ai siti che creano disinformazione;
  • consentire la divulgazione al pubblico dei messaggi pubblicitari di natura politica e impegnarsi per pubblicità più etiche;
  • disporre di una politica chiara e pubblica sull'identità e sui bot online e adottare misure per l'eliminazione dei profili falsi;
  • offrire informazioni e strumenti per aiutare le persone a prendere decisioni consapevoli e favorire l'accesso a prospettive diverse quando si tratta di argomenti di interesse pubblico, dando rilevanza alle fonti autorevoli;
  • fornire ai ricercatori un accesso ai dati conforme ai principi di riservatezza, affinché possano seguire e comprendere meglio la diffusione e le ripercussioni della disinformazione.

In merito alle prossime elezioni europee

Il codice di buone pratiche va inoltre di pari passo con la raccomandazione compresa nel pacchetto elettorale annunciato dal Presidente Juncker nel suo discorso sullo stato dell'Unione del 2018, volto a garantire che le elezioni del Parlamento europeo siano organizzate in modo libero, regolare e sicuro. Le misure comprendono una maggiore trasparenza della pubblicità online di natura politica e la possibilità di imporre sanzioni per l'uso illegale di dati personali finalizzato a influenzare deliberatamente il risultato delle elezioni europee. Gli Stati membri sono anche stati invitati a istituire reti nazionali di cooperazione per le questioni elettorali composte delle pertinenti autorità - come le autorità competenti in materia elettorale e in materia di cibersicurezza, le autorità incaricate della protezione dei dati e le autorità di contrasto - e a designare dei punti di contatto che partecipino a un'analoga rete di cooperazione in materia elettorale di livello europeo. Il primo incontro a livello europeo si è svolto il 21 gennaio 2019.

Per ulteriori informazioni

Sostenibilità: la Commissione presenta un documento di riflessione per un'Europa più sostenibile entro il 2030

 

Nel quadro del dibattito sul futuro dell'Europa avviato con il Libro bianco della Commissione del 1º marzo 2017, la Commissione pubblica oggi un documento di riflessione per un'Europa sostenibile entro il 2030. Si tratta dell' impegno dell'UE a realizzare gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, anche in relazione all'accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. 

Esaminando l'ampiezza delle sfide cui l'Europa è confrontata e presentando, a titolo di esempio, alcuni scenari per il futuro, il documento intende orientare la discussione su come conseguire al meglio questi obiettivi e sul modo migliore in cui l'Unione europea possa apportare il suo contribuito entro il 2030. Sulla base di quanto è stato fatto negli ultimi anni, gli scenari proposti evidenziano la necessità di attuare ulteriori misure se l'UE e il mondo vogliono assicurare un futuro sostenibile nell'interesse del benessere dei cittadini.
Nel corso degli anni, l'UE è divenuta un pioniere nel campo della sostenibilità, con standard sociali e ambientali tra i più elevati al mondo, e ha sostenuto vigorosamente l'accordo di Parigi sul clima e soluzioni innovative come l'economia circolare. Fin dall'inizio del suo mandato, la Commissione Juncker ha integrato le priorità dello sviluppo sostenibile nelle sue politiche.
Tuttavia, come il resto del mondo, l'UE si trova ad affrontare sfide complesse, mutevoli e urgenti, riguardanti in particolare il debito ecologico e i cambiamenti climatici, i cambiamenti demografici, la migrazione, la disuguaglianza, la convergenza economica e sociale e la pressione sulle finanze pubbliche. Inoltre, tentazioni isolazionistiche e nazionalistiche sempre più forti sono un segnale del fatto che troppi cittadini europei non si sentono protetti a sufficienza in questo mondo che cambia. Questi fatti innegabili non dovrebbero instillarci paura, ma incitarci ad agire.
Il documento di riflessione in esame si concentra sulle fondamentali basi strategiche su cui basare la transizione verso la sostenibilità, che comprendono il passaggio da un'economia lineare a un'economia circolare, la correzione degli squilibri nel nostro sistema alimentare, l'energia del futuro, gli edifici e la mobilità; il documento illustra inoltre i modi per garantire che questa transizione sia equa e non lasci indietro niente e nessuno. Il documento si concentra inoltre sugli attivatori orizzontali, che devono essere alla base della transizione verso la sostenibilità soffermandosi sui seguenti aspetti: istruzione, scienza, tecnologia, ricerca e innovazione e digitalizzazione; finanza, fissazione dei prezzi, fiscalità e concorrenza; condotta responsabile, responsabilità sociale delle imprese e nuovi modelli d'impresa; commercio aperto e fondato su regole; governance e coerenza delle politiche a tutti i livelli. Il documento si conclude sottolineando l'importanza che l'UE sia un pioniere nella transizione verso un'economia sostenibile a livello mondiale, dal momento che le nostre politiche avranno solo un impatto limitato sul pianeta se altri perseguono strategie contrastanti.
Il documento presenta tre scenari per stimolare la discussione su come dare seguito agli obiettivi di sviluppo sostenibile all'interno dell'UE. Tali scenari sono esemplificativi: intendono offrire una gamma di idee e promuovere il dibattito e la riflessione. Il risultato finale potrebbe essere una combinazione di taluni elementi tratti dai singoli scenari. I tre scenari sono:
  1. una strategia generale dell'UE relativa agli OSS per orientare le azioni dell'UE e degli Stati membri;
  2. un'integrazione continua degli OSS da parte della Commissione in tutte le pertinenti politiche dell'UE, ma senza imporre misure agli Stati membri;
  3. puntare di più sull'azione esterna, consolidando al contempo il principio della sostenibilità a livello dell'UE.

Contesto

Il 25 settembre 2015 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una serie di 17 obiettivi di sviluppo sostenibile per porre fine alla povertà, proteggere il pianeta e assicurare la prosperità per tutti nell'ambito della nuova agenda per lo sviluppo sostenibile, la cosiddetta «Agenda 2030». Ciascuno dei 17 obiettivi ha traguardi specifici (per un totale di 169 traguardi) da raggiungere entro il 2030. L'UE è stata una forza trainante dell'adozione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
In risposta all'Agenda 2030, il 22 novembre 2016 la Commissione ha adottato una comunicazione dal titolo «Le prossime tappe per un futuro europeo sostenibile». La comunicazione illustra ciò che l'UE sta facendo per contribuire all'Agenda 2030, evidenziando le principali politiche dell'UE per ciascuno dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile. Spiega inoltre in che modo le 10 priorità della Commissione per il periodo 2014-2019 contribuiscano all'agenda globale 2030. Nella comunicazione è inoltre annunciato il lancio di una piattaforma multipartecipativa ad alto livello, presieduta dal primo vicepresidente Timmermans, che svolge un ruolo di follow-up e di scambio delle migliori pratiche in materia di attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile.
Il 13 settembre 2017 il Presidente, nella lettera di intenti che accompagna il suo discorso sullo stato dell'Unione, ha annunciato un documento di riflessione dal titolo «Verso un'Europa sostenibile entro il 2030» sul seguito dato agli obiettivi di sviluppo sostenibile, anche in relazione all'accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.
Il documento di riflessione di oggi è accompagnato da una serie dettagliata di allegati che esaminano le prestazioni e le recenti misure adottate dall'UE in relazione agli obiettivi di sviluppo sostenibile, tra cui anche il contributo della piattaforma multipartecipativa ad alto livello dell'UE.

Per ulteriori informazioni

  1. Scheda informativa: Verso un'Europa sostenibile entro il 2030
  2. Documento di riflessione Verso un'Europa sostenibile entro il 2030
  3. Allegati al documento di riflessione:

Ulteriore documentazione

BREXIT: la Commissione europea adotta una serie di misure di emergenza

Claudio Bez

Visto il rischio crescente che il 30 marzo di quest'anno il Regno Unito lasci l'UE senza un accordo (scenario "no deal"), la Commissione europea ha adottato una serie di proposte di emergenza relative al programma Erasmus+, al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale e al bilancio dell'UE.

Ciò fa seguito agli inviti formulati dal Consiglio europeo (articolo 50), nei mesi di novembre e dicembre 2018, a intensificare i lavori di preparazione a tutti i livelli, all'adozione, il 19 dicembre 2018, del Piano d'azione predisposto dalla Commissione per ogni evenienza, che comprende diverse misure legislative, e alle proposte di emergenza della settimana scorsa relative alla pesca nell'UE. Tali proposte si aggiungono agli ampi lavori di preparazione che la Commissione ha svolto a partire da dicembre 2017, come indicato nelle precedenti comunicazioni sui preparativi alla Brexit.

Le misure garantirebbero che in caso di uno scenario "no deal":

- i giovani dell'UE e del Regno Unito che partecipano al programma Erasmus+ in data 30 marzo 2019 possano portare a termine la loro permanenza senza interruzione;
- le autorità degli Stati membri dell'UE continuino a tener conto dei periodi di assicurazione, di lavoro (anche autonomo) o di residenza nel Regno Unito prima del recesso per il calcolo delle prestazioni sociali, ad esempio per le pensioni;
- i beneficiari dei finanziamenti UE continuino a ricevere pagamenti nell'ambito dei contratti in vigore, purché il Regno Unito continui a onorare i suoi obblighi finanziari nel quadro del bilancio dell'UE. Tale questione è distinta dalla liquidazione finanziaria tra l'Unione europea e il Regno Unito.
È importante sottolineare che tali misure non mitigheranno e non potranno mitigare l'impatto generale di uno scenario "no deal", né compenseranno in alcun modo la mancanza di preparazione. Esse non ricreeranno tutti i vantaggi dell'adesione all'UE né le condizioni favorevoli per un eventuale periodo di transizione previste dall'accordo di recesso.
Le proposte sono di natura temporanea, di portata limitata e saranno adottate unilateralmente dall'UE. Tengono conto delle discussioni con gli Stati membri. La Commissione continuerà a sostenere gli Stati membri nel loro lavoro di preparazione e ha intensificato i suoi sforzi, ad esempio organizzando visite in tutte le capitali dell'UE a 27.

Tutela dei diritti degli studenti Erasmus+

Il programma Erasmus+ è uno dei programmi faro dell'UE. Il 30 marzo 14 000 giovani dell'UE a 27 (compresi studenti, tirocinanti nell'istruzione superiore e nella formazione professionale, giovani discenti e personale docente) si troveranno nel Regno Unito grazie al programma Erasmus+ e 7 000 giovani del Regno Unito si troveranno nell'UE a 27. In caso di uno scenario "no deal" non sarebbero in grado di portare a termine il loro semestre Erasmus+ e potrebbero non essere più ammessi a beneficiare delle borse di studio. La proposta intende porre rimedio a tale situazione garantendo che in uno scenario di questo tipo gli studenti e i tirocinanti all'estero che partecipano al programma Erasmus+ al momento del recesso del Regno Unito possano completare gli studi e continuare a ricevere i relativi finanziamenti o borse di studio. 

Tutela dei diritti di sicurezza sociale dei cittadini 

La Commissione ha chiaramente affermato che i diritti dei cittadini dell'UE nel Regno Unito e dei cittadini del Regno Unito nell'UE sono una priorità e che i cittadini non devono pagare il prezzo della Brexit. La proposta intende garantire, in caso di uno scenario "no deal", la salvaguardia dei diritti delle persone che hanno esercitato il diritto alla libera circolazione prima del recesso del Regno Unito. Tali diritti comprendono i periodi di assicurazione, di lavoro (anche autonomo) o di residenza nel Regno Unito prima del recesso. Ciò significa, ad esempio, che se un cittadino dell'UE a 27 ha lavorato per 10 anni nel Regno Unito prima della Brexit, tale periodo deve essere preso in considerazione quando le autorità competenti dello Stato membro UE calcolano i diritti pensionistici al momento del pensionamento.
Il regolamento proposto garantisce che gli Stati membri continueranno ad applicare i principi fondamentali di aggregazione, assimilazione e parità di trattamento nell'ambito del coordinamento della sicurezza sociale dell'UE. La proposta non riprende in alcun modo i vantaggi significativi dell'accordo di recesso convenuti il 14 novembre. Essa non comprende i diritti accumulati dopo il 29 marzo 2019, né l'esportabilità delle prestazioni in denaro, la continuazione dell'erogazione di prestazioni di malattia in natura e le norme sulla legislazione applicabile.

Tutela dei beneficiari del bilancio dell'UE

Come sottolineato in molte occasioni, tutti gli impegni presi dai 28 Stati membri dovrebbero essere onorati dai 28 Stati membri. Anche in caso di uno scenario "no deal" il Regno Unito dovrebbe continuare a onorare tutti gli impegni assunti durante l'adesione all'UE. 
La proposta consente all'UE di essere in condizione, in caso di uno scenario "no deal", di onorare i propri impegni e di continuare a effettuare pagamenti nel 2019 ai beneficiari del Regno Unito per le decisioni e i contratti firmati anteriormente al 30 marzo 2019, purché il Regno Unito onori i suoi impegni nell'ambito del bilancio 2019 e accetti i necessari controlli e audit. Ciò contribuirebbe a mitigare l'impatto significativo di uno scenario "no deal" per molteplici settori che ricevono finanziamenti dell'UE, come la ricerca, l'innovazione o l'agricoltura. 
La questione è distinta da e non pregiudica la liquidazione finanziaria tra l'UE e il Regno Unito in caso di uno scenario "no deal".

Prossime tappe

La Commissione lavorerà in stretto contatto con il Parlamento europeo e il Consiglio per garantire l'adozione degli atti legislativi proposti in modo che siano in vigore entro il 30 marzo 2019. La Commissione pone inoltre all'attenzione del Parlamento europeo e del Consiglio l'importanza che gli atti delegati entrino in vigore il più rapidamente possibile. 

Contesto

Il 14 novembre 2018 i negoziatori della Commissione e del Regno Unito hanno concordato i termini dell'accordo di recesso. Il 22 novembre 2018 la Commissione ha approvato l'accordo di recesso completato. Il 25 novembre 2018 il Consiglio europeo (articolo 50) ha approvato l'accordo di recesso e ha invitato la Commissione, il Parlamento europeo e il Consiglio ad adottare le misure necessarie per fare in modo che l'accordo possa entrare in vigore il 30 marzo 2019, così da garantire un recesso ordinato. La ratifica dell'accordo di recesso nel Regno Unito è attualmente incerta.
Il 5 dicembre 2018 la Commissione ha adottato due proposte di decisione del Consiglio relative alla firma e alla conclusione dell'accordo di recesso. Ai fini dell'entrata in vigore dell'accordo, il Consiglio deve ora autorizzare la firma del testo a nome dell'Unione e, successivamente, il Parlamento europeo dovrà dare la sua approvazione prima che il Consiglio possa concludere l'accordo. L'accordo di recesso dovrà essere ratificato dal Regno Unito, conformemente alle norme costituzionali di quest'ultimo.
La ratifica dell'accordo di recesso continua ad essere l'obiettivo e la priorità della Commissione. Come sottolineato dalla Commissione nella prima comunicazione sui preparativi per la Brexit del 19 luglio 2018, qualunque sia lo scenario prospettato la scelta del Regno Unito di uscire dall'Unione europea causerà un grande sconvolgimento.
I soggetti interessati e le autorità nazionali e dell'UE devono perciò prepararsi a due principali evenienze:
  • se l'accordo di recesso sarà ratificato prima del 30 marzo 2019, il diritto dell'UE cesserà di applicarsi nei confronti del Regno Unito e al suo interno il 1º gennaio 2021, vale a dire dopo un periodo di transizione di 21 mesi; l'accordo di recesso include la possibilità di un'unica proroga del periodo di transizione di massimo uno o due anni; 
  • se l'accordo di recesso non sarà ratificato prima del 30 marzo 2019, non vi sarà alcun periodo di transizione e il diritto dell'UE cesserà di applicarsi nei confronti del Regno Unito e al suo interno a decorrere dal 30 marzo 2019. In questo caso ci si troverebbe nello scenario del "nessun accordo" o del "precipizio".
Nel corso dell'ultimo anno, per informare il pubblico delle conseguenze di un recesso del Regno Unito in assenza di accordo, la Commissione ha pubblicato 88 avvisi sui necessari preparativi settoriali che sono disponibili in tutte le lingue ufficiali dell'UE. Con le proposte odierne, la Commissione ha presentato 18 proposte legislative nel contesto della preparazione alla Brexit e dei lavori di emergenza. Ha inoltre organizzato discussioni tecniche relative ai preparativi al Brexit con gli Stati membri dell'UE a 27 sia su questioni generali che su misure specifiche di ordine settoriale, giuridico e amministrativo. Le slide utilizzate in questi seminari tecnici sono disponibili online. La Commissione ha anche iniziato le visite nei 27 Stati membri dell'UE per assicurarsi che la pianificazione nazionale delle emergenze proceda secondo la tabella di marcia e per fornire tutti i necessari chiarimenti sul processo di preparazione.

Per ulteriori informazioni:

Domande e risposte sul "Piano d'azione predisposto dalla Commissione per ogni evenienza" del 19 dicembre 2019
Sito web della Commissione europea sui preparativi per la Brexit (inclusi gli "Avvisi sui preparativi per la Brexit")

Proposta della Commissione sull'Equilibrio tra lavoro e vita familiare


 
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Il Parlamento europeo e il Consiglio dei Ministri dell'UE hanno raggiunto un accordo provvisorio sulla proposta della Commissione europea per una nuova direttiva relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza. La Commissione europea ha così illustrato la proposta sulla quale è stato raggiunto un accordo provvisorio che dovrà ora essere adottato formalmente dal Parlamento europeo e dal Consiglio:

"L'accordo provvisorio raggiunto dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione europea è una buona notizia per le famiglie in Europa. Il pilastro europeo dei diritti sociali mira a migliorare la vita quotidiana degli europei. L'accordo provvisorio odierno dà molta concretezza a questa prospettiva e offre alle famiglie con genitori e prestatori di assistenza che lavorano un'autentica opportunità di scelta su come conciliare la vita professionale e quella familiare. Si tratta di un enorme passo avanti verso un'Europa più sociale, nel vero spirito del pilastro.
Grazie a nuove norme in materia di equilibrio tra attività professionale e vita familiare adatte al 21º secolo, gli uomini e le donne che lavorano potranno disporre di nuove opportunità per condividere su un piano di parità le responsabilità di assistenza dei figli e dei familiari. L'accordo stabilisce una disposizione minima europea che prevede 10 giorni di congedo di paternità dopo la nascita di un figlio, da retribuirsi al livello del congedo per malattia. Esso rafforza l'attuale diritto a un congedo parentale di 4 mesi, imponendo la non trasferibilità di 2 mesi tra i genitori e introducendo un indennizzo per questo periodo di 2 mesi a un livello che sarà stabilito dagli Stati membri. Abbiamo anche concordato disposizioni europee in materia di congedo per i prestatori di assistenza, prevedendo come nuovo diritto europeo 5 giorni di congedo all'anno per lavoratore. Non da ultimo, le nuove norme rafforzano il diritto per tutti i genitori e i prestatori di assistenza di richiedere modalità di lavoro flessibili.
Ma non si tratta soltanto di rafforzare i diritti individuali; le nuove norme sono un modello per allineare le priorità sociali ed economiche. Le imprese saranno in grado di attirare e trattenere uomini e donne talentuosi e l'economia europea trarrà vantaggio da questa proposta, che contribuirà a colmare il divario di genere nei livelli di occupazione. Creare un migliore equilibrio tra lavoro e vita familiare sia per le donne sia per gli uomini è non solo una questione di giustizia, ma è anche una mossa intelligente."

Contesto

Per rispondere ai problemi che affrontano i genitori e i prestatori di assistenza che lavorano per conciliare le responsabilità professionali e quelle della vita familiare, ad aprile 2017 la Commissione europea ha proposto l'iniziativa per l'equilibrio tra attività professionale e vita familiare, che costituisce uno dei risultati principali del pilastro europeo dei diritti sociali.
La direttiva relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare prevede non solo una serie di disposizioni nuove o più avanzate in materia di congedo parentale, congedo di paternità e congedo per i prestatori di assistenza, ma anche il diritto a richiedere modalità di lavoro flessibili. Essa tiene conto delle esigenze delle piccole e medie imprese e fa in modo che queste non risentano in maniera sproporzionata delle nuove norme. La nuova direttiva è integrata con misure politiche e di finanziamento, che sostengono gli Stati membri nell'applicare la legislazione vigente in materia di protezione contro il licenziamento, nello sviluppare servizi di assistenza formale e nell'affrontare i disincentivi economici al lavoro per le persone che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare.

Per ulteriori informazioni

mercoledì 30 gennaio 2019

I passi da gigante dell'industria della Morte

"Quale ardita scommessa fu per i padri fondatori dell’Europa decidere di interrompere la spirale di violenza, mettere fine alla logica di vendetta, costruire un futuro migliore, insieme. Quale potente forza immaginativa."
Dall'intervento del Presidente del Consiglio Europeo durante la cerimonia di consegna del Premio Nobel per la Pace all'Unione Europea - Oslo 10 dicembre 2012)

La "Fortezza Europa" da circa 80 anni riappare e scompare continuamente dinnanzi agli occhi degli europei e delle europee. Un'immagine nefasta di Europa che, costretta a difendersi dal Mondo esterno, si rinchiude in se stessa erigendo muri, adeguando le sue strade a misura di tanke investendo su nuovi strumenti di morte e distruzione.Da qualche tempo sia il progetto di un Fondo Europeo per la Difesa (FED - 13 miliardi di € dalle nostre tasche) e di “Fondo Europeo per la Pace” (Altri 10,5 miliardi di €, fuori dal bilancio a lungo termine e sempre dalle nostre tasche) fanno passi da gigante.  

EsultaFederica Mogherini, italiana e del PD, meglio nota a Bruxelles come “Alta rappresentante” dell'Unione per la PESC (Politica Estera e di Sicurezza Comune) nonché Vicepresidente della Commissione Europea. Esulta nonostante Francia e Germania abbiano, ovviamente, deciso di andare avanti anche per la loro strada. Ma in effetti, chi esulta di più non è l'Europa, come qualcuno vorrebbe far credere. In realtà, chi ha tutti i motivi per essere soddisfatta è l'"industria della morte". 

Lo commentava qualche anno fa Papa Francesco a Redipuglia:"Qui ci sono tante vittime. Oggi noi le ricordiamo. C'è il pianto, c'è il dolore. E da qui ricordiamo tutte le vittime di tutte le guerre - ha detto -. Anche oggi le vittime sono tante... Come è possibile questo? E' possibile perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, e c'è l'industria delle armi, che sembra essere tanto importante. E questi pianificatori del terrore, questi organizzatori dello scontro, come pure gli imprenditori delle armi, hanno scritto nel cuore: 'A me che importa?"

Non bisogna mai avere paura delle parole, per quanto antipatiche siano. E se si ha paura delle parole significa che dietro di queste c'è qualcosa di poco chiaro, se non di losco o pericoloso. Ed è così che parole come "armi", "armamenti" e "guerra" sono scomparsi dal linguaggio ufficiale politicamente corretto. Oggi si parla di "equipaggiamenti"o "prodotti" di "difesa" e di "Ministero della Difesa" che, sino a qualche decennio fa, era il "Ministero della Guerra". Cambiano i termini ma il risultato è sempre lo stesso. Malessere e instabilità nell'intero Pianeta dove sono oltre 70 gli Stati coinvolti in guerre. Più spesso si tratta di conflitti di cui nessuno parla e dove la gente, in gran parte donne e bambini, muore. Tra il 2017 e il 2018 circa 193.000 persone sono morte a causa di conflitti a fuoco in Africa, Asia e Medio Oriente.Ma la parola d'ordine della cosidetta "PESC", la Politica Estera e di Sicurezza Comune di questa Unione Europea è, appunto, "sicurezza". Ovviamente dell'opulento Occidente, il più famelico parassita del Pianeta. Sicurezza che nasconde la vergogna di fenomeni divenuti ormai ingestibili, come quello delle folle di innocenti disperati che si riversano nel Mediterraneo per sfuggire a dittature, ad atroci conflitti, alla tortura ed alla morte, in cerca di un futuro dignitoso riconosciuto loro come un Diritto da tutte le Costituzioni, Dichiarazioni e Trattati possibili e immaginabili ma che si scontra con gli interessi di un settore industriale che, se la Storia non inganna, ha da sempre contribuito a fomentare instabilità, ingiustizia e distruzione nel Mondo. Difficile da credere e alquanto dura da spiegare, soprattutto alle nostre ragazze ed ai nostri ragazzi, ma stiamo parlando di "uno strumento europeo per la pace che migliorerà il finanziamento di operazioni militari", fortemente voluto da questa Unione Europea che, predicando bene e razzolando male, è attualmente  impostata impropriamente in modalità “homeland defense, fingendo di ignorare la scarsissima percentuale di europei ed europee che considera l'UE come la propria Patria. Forse perché stanchi di sentire ancora storie di muri, di confini, di frontierenon solo fisiche – o di  tristi scenari di un Mediterraneo solcato dalle portaerei. Forse perchè non gradiscono vedere le loro  Città presidiate dai soldati, armati con i soldi sottratti alle politiche sociali, alla cultura ed alla coesione. 
Si tratta di 4,1 miliardi di euro per finanziare progetti di ricerca su nuovi strumenti di morte. Finanziamenti tolti alle Università ed ai Centri di Ricerca dove i nostri giovani, invece di ricercare nuovi antibiotici o strumenti per migliorare la vita delle persone, ricercheranno strumenti “innovativi” per sterminarle! 
Stiamo parlando di 9 miliardi “disponibili per integrare gli investimenti degli Stati membri in prodotti per la difesa” e di  “sviluppo di prototipi e le fasi di certificazione e collaudo”.
Vaste aree di regioni come la Sardegna sanno bene cosa significhino le paroline: test e collaudo.In zone dell'Isola che prima erano famose nel mondo per l'alta percentuale di ultracentenari oggi, ogni giorno, si contano i morti ed i malati di tumori e malformazioni genetiche che stanno decimando un'intera generazione. È li che vengono “testati” e fabbricati quei mirabili frutti del “progresso”. 
A chi viene in mente di riflettere sul ruolo di “passacarte” che ha l'UE in tutto ciò? E sul reale interesse che hanno invece le lobby degli armamenti di paesi come Germania, Francia e Italia?
Trattano di “sicurezza” e di "difesa della democrazia” sapendo bene che si tratta di cose che non si possono difendere con le armi. 
Occorre, al contrario, investire massicciamente per accrescere e migliorare la qualità della presenza dell’UE sulla scena internazionale, puntando non sulle armi e sugli eserciti ma sui cervelli e su una vera, forte e preparata diplomazia. Un "esercito", quello si, composto da Gente giovane, intelligente, preparata e motivata. 
Se tutti o, come sta accadendo, solo alcuni tra gli stati membri vogliono puntare ancora verso progetti nati male come quello della Comunità Europea di Difesa (CED - Proposto e sostenuto negli anni 50 dalla Francia e dall'Italia, poi caduto nel nulla a seguito della mancata approvazione del relativo Trattato proprio da parte degli stessi due Paesi!) lo facciano pure, ma con i soldini dell'industria degli armamamenti, non con quelli degli europei!
Si tratta anche di investire, in modo più mirato e incisivo, sulla cooperazione con i paesi impoveriti, puntando ad eliminare alla radice i motivi dell’impoverimento di cui noi siamo i primi responsabili.
Utopie, forse, o impegni decisamente complessi che, se condotti come si deve, contribuirebbero concretamente a sradicare per sempre le radici dell'erbaccia più velenosa e infestante che cresce sul nostro Pianeta: l'economia della guerra.

History doesn’t teach us nothing…ammoniva Sting in una sua vecchia, bella canzone. Siamo ancora in tempo per dimostrargli che ha torto!







Erasmus+: il 2017 è stato un altro anno record

La Commissione europea ha pubblicato la sua relazione annuale sul programma Erasmus+, da cui emerge che al programma sta partecipando il numero di persone più elevato di sempre, mentre il numero di progetti finanziati ha continuato a crescere. Al contempo il programma sta diventando più inclusivo e più internazionale.

Nel 2017, l'UE ha investito nel programma la cifra record di 2,6 miliardi di EUR, con un aumento del 13% rispetto al 2016. Grazie a tali investimenti, il numero di opportunità offerte ai giovani è oggi più elevato che mai. In base ai dati pubblicati, Erasmus+ rimane sulla buona strada per conseguire l'obiettivo di sostenere il 3,7% dei giovani dell'UE tra il 2014 e il 2020. La relazione sottolinea inoltre che il programma sta diventando più aperto per le persone provenienti da contesti svantaggiati nonché da organizzazioni più piccole.
Il sostegno per il programma è più forte che mai. Durante la campagna volta a celebrare il trentennale di Erasmus, condotta con successo nel 2017, oltre 750 000 persone hanno partecipato a 1 900 eventi in 44 paesi, evidenziando una volta di più il ruolo del programma Erasmus+ (e dei programmi che lo hanno preceduto) nel consentire ai giovani di sviluppare le loro competenze e di vivere concretamente l'esperienza di sentirsi europei.
Nel 2017 il programma Erasmus+ ha fornito sostegno a un numero record di persone - quasi 800 000 - permettendo loro di studiare, seguire una formazione o fare volontariato all'estero, con un aumento del 10% rispetto al 2016. Inoltre il programma ha finanziato la cooperazione tra enti di istruzione, organizzazioni giovanili e imprese. In totale, 84 700 organizzazioni hanno partecipato a 22 400 progetti. Durante l'anno accademico 2016/2017 il programma ha consentito a più di 400 000 studenti universitari, tirocinanti e membri del personale di trascorrere un periodo di apprendimento o di insegnamento all'estero. Tra questi, circa 34 000 studenti e membri del personale hanno ricevuto sovvenzioni per recarsi in paesi partner in tutto il mondo, o per essere accolti in provenienza da uno di tali paesi. La Francia, la Germania e la Spagna sono stati i tre principali paesi di partenza per gli studenti, mentre le tre destinazioni più popolari sono state la Spagna, la Germania e il Regno Unito.
La relazione annuale dimostra ancora una volta che Erasmus+ è ben più che un programma rivolto agli studenti universitari ed al personale accademico. L'UE ha inoltre continuato a mettere a disposizione corsi di formazione professionale per i discenti e il personale (160 000 persone), per i giovani e i giovani lavoratori (158 000) e per il personale del settore dell'istruzione per gli adulti (6 400). Tra i beneficiari dei progetti di cooperazione vanno inoltre annoverati i docenti e il personale scolastico (47 000) e i loro alunni (110 000). Oltre alla Settimana europea dello sport, il programma ha finanziato 162 progetti a cui hanno partecipato 930 organizzazioni sportive, compresi dieci eventi sportivi senza scopo di lucro.
Erasmus+ sta diventando sempre più accessibile per coloro che possono trarne il massimo vantaggio, offrendo maggiori opportunità e stanziando finanziamenti supplementari per i partecipanti provenienti da contesti socioeconomici svantaggiati. Nel 2017, quasi 21 000 studenti e membri del personale svantaggiati hanno partecipato alle attività di mobilità Erasmus+ nel settore dell'istruzione superiore. Il numero totale di partecipanti svantaggiati nel campo dell'istruzione superiore è salito così ad oltre 67 500 a partire dal 2014, tra i quali quasi 2 000 partecipanti con esigenze speciali.
Inoltre nel 2017 il programma si è ulteriormente evoluto al fine di integrare le priorità strategiche dell'UE per le competenze digitali nei settori dell'istruzione, della formazione e della gioventù, anche attraverso programmi di studio e metodi di insegnamento innovativi. Ad esempio, la nuova applicazione mobile di Erasmus+ è stata scaricata ed installata oltre 55 000 volte a partire dal suo lancio a metà del 2017; più di 380 000 persone hanno beneficiato di una formazione linguistica online dal 2014, tra cui quasi 5 500 rifugiati arrivati recentemente.

Contesto

Erasmus+ e i suoi predecessori sono tra i programmi di maggior successo dell'UE. Dal 1987 offrono ai giovani in particolare la possibilità di acquisire nuove esperienze andando all'estero. L'attuale programma Erasmus+, che riguarda il periodo dal 2014 al 2020, ha una dotazione di bilancio di 14,7 miliardi di EUR e offrirà al 3,7% dei giovani nell'UE la possibilità di studiare, formarsi, acquisire esperienza professionale e fare volontariato all'estero. La portata geografica del programma è aumentata, passando dagli 11 paesi del 1987 agli attuali 33 (tutti i 28 Stati membri più la Turchia, l'ex Repubblica jugoslava di Macedonia, la Norvegia, l'Islanda e il Liechtenstein). Il programma è inoltre aperto ai paesi partner di tutto il mondo.
Nel novembre 2017 i leader dell'UE hanno convenuto di potenziare la mobilità e gli scambi, anche attraverso un programma Erasmus+ notevolmente rafforzato, più inclusivo ed esteso a tutte le categorie di discenti.
Nel maggio 2018 la Commissione ha presentato la sua proposta per un nuovo, ambizioso programma Erasmus, puntando a raddoppiare gli stanziamenti a 30 miliardi di euro nel prossimo bilancio a lungo termine dell'UE per il periodo 2021-2027. L'obiettivo è triplicare il numero di partecipanti portandolo a 12 milioni, e rendere il programma ancora più inclusivo e accessibile alle persone provenienti da una diversa gamma di contesti, nonché più internazionale.http://europa.eu/rapid/press-release_IP-18-3948_en.htm
Il programma intende inoltre sostenere gli sforzi volti alla creazione di uno spazio europeo dell'istruzione entro il 2025, una priorità politica per l'UE, il cui obiettivo è garantire che i confini non impediscano le esperienze di apprendimento, studio e ricerca.
Per ulteriori informazioni

Domande e risposte

Erasmus+: Relazione annuale 2017, schede informative generali e specifiche per paese