martedì 10 maggio 2016

Cose che nessuno ti dirai mai il 9 di maggio..

Era il 9 maggio del 1950 e il ministro degli Esteri francese Robert Schumanteneva a Parigi un discorso politico in cui, per la prima volta, compare ufficialmente il concetto di Europacome unione economica e, in prospettiva, unione politica tra i gli Stati europei. Quel discorso rappresenta l'inizio del processo di “integrazione europea”. La dichiarazione Schuman, alla quale lavoro' il politico francese Jean Monnet, proponeva la creazione di una Comunità europea del carbone e dell'acciaio (CECA), i cui membri avrebbero messo in comune le produzioni alla base dell'industria bellica dell'epoca: il carbone e l'acciaio, l'energia ed il metallo per costruire i cannoni.
La CECA, che aveva tra i paesi fondatori: Francia, Germania occidentale, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo, fu la prima di una serie di istituzioni europee sovranazionali, quale la CEE (Comunità' Economica Europea), che avrebbero condotto a quella che, oggi, chiamiamo: "Unione Europea". 
Quell'operazione, al di la degli aspetti economici, evito' che gli europei continuassero a scannarsi tra di loro ed ha assicurato un periodo di pace e stabilita' all'interno dei confini della Vecchia Europa. All'interno pace e stabilita'. Fuori: l'inferno.
In realtà, il processo di integrazione europea tanto auspicato dai padri fondatori ha oggi il merito principale di aver spostato il terreno di conflitto: dai campi di battaglia alle scrivanie, quelle dei governi, delle istituzioni europee e delle multinazionali. Ma la guerra continua. Ed e' una guerra che, ogni giorno, fa morti e feriti, sopratutto tra i più' deboli. Per tutto questo l'Unione Europea ha ricevuto il premio Nobel per la pace nel 2012.
Purtroppo ci sono alcuni paesi, come l'Italia, a cui fa comodo pensare ad un'Unione Europea alla “volemose bene, semo tutti europei”, giustificando cosi' la mancanza di presenza e di attenzione nei tavoli europei che contano o laddove vengono prese decisioni cruciali per il nostro stesso futuro.
Cosi' si spiega il fallimento, per noi, dell'€; l'ampliamento a vantaggio dei mercati tedeschi e del Nord-Europa, la complicita' nell'instabilità' dell'Area Mediterranea(1), i capricci degli inglesi, l'arroganza della Germania e l'opportunismo dei francesi. Cosi' si spiega anche la “fortezza Europa” assediata da folle di disperati, cosi' come l'Europa governata dalle lobby, quella che  intende partorire accordi come il TTIP, il pericoloso trattato di liberalizzazione commerciale tra Europa e USA
Tutti comunque contenti, considerato che insieme, governi e lobby economico-finanziarie, hanno realizzato una stupenda macchinetta grazie alla quale tutto ciò' che non passa dalla porta nazionale rientra dalla finestra europea. Ed e' cosi' che, ogni giorno, l'UE prende decisioni fondamentali per la nostra vita senza che noi ne siamo minimamente al corrente, salvo poi ritrovarcele sul groppone. Ecco perché nei nostri mezzi di informazione e nelle istituzioni nazionali, regionali e locali, raramente si parla d'Europa a meno che non si tratti del 9 maggio, di finanziamenti o di qualche multone affibiato all'Italia.
Sinceramente, dopo oltre 60 anni ci si poteva, legittimamente, aspettare di meglio.
Ma cosi' non e' stato.
Nella storia dell'UE l'ultimo atto politico importante, degno di nota per aver segnato un significativo passo in avanti verso l'Europa voluta dai padri fondatori, e' stato nel 1979, con le prime elezioni a suffragio universale del Parlamento Europeo (per paesi come l'Italia da sempre comodo parcheggio per politici trombati, cantanti, attori e veline; senza considerare che una Regione importante come la Sardegna non può' esprimere i propri candidati da eleggere democraticamente). Se vogliamo proprio essere generosi possiamo anche aggiungere la creazione, nel 1994 dopo l'entrata in vigore delTrattatodi Maastricht, del Comitato delle Regioni, un blando tentativo di avvicinamento all'“Europa delle Regioni” fortemente voluta da tanti europeisti visionari come me che, ingenuamente, vogliono un'Europa federale dove gli stati spariscono per lasciare il posto alle istituzioni che più' di altre sono vicine alla gente: le regioni. Steso un velo pietoso sul ridicolo tentativo di “Costituzione europea”, fortunatamente fallito, siamo dinanzi ad una serie interminabile di insuccessi, alcuni dei quali rasentano il ridicolo, come la “Strategia di Lisbona” che avrebbe dovuto fare dell'Unione Europa “la più competitiva e dinamica economia della conoscenza entro il 2010” edi cuirisultati sono dinanzi agli occhi di tutti. Come dinanzi a tutti sono i risultati della “Politica di Coesione”(principale strumento di investimento dell'UE in quanto assorbe piu' di un terzo del suo bilancio) che, sino ad oggi, continua a perseguire l'obiettivo di eliminare le disparità' esistenti in Europa tra regioni più' ricche e regioni più' povere, aree meno sviluppate e più' sviluppate. Al di la dei noiosi blablabla dell'euro-casta, in taluni paesi come l'Italia quei divari stanno aumentando, nonostante la valanga di quattrini – nostri – spesi sino ad ora.
Un quadro in gran parte desolante dunque, dove gli unici passi avanti significativivanno in direzione dell'economia (ampliamento a tutti i costi), della finanza (Euro) e del Mercato (Mercato Unico Europeo). Ma anche in questi ambiti numerosi dossierscomodi attendono al palo da troppo tempo, si tratta ad esempio dell'introduzione della “Tobin Tax”, la tassa sulle transazioni finanziarie, oppure del sempre attuale problema dei “paradisi fiscali”. 
Un'Europa tutta da rivedere dove, finalmente, dovrebbe essere la Politica, quella sana e con la P maiuscola, a prendere il sopravvento su questa attuale che, se continua cosi', ci porterà' tutti alla rovina. I segnali ci sono. Basta saper ascoltare e guardarsi intorno.

Ecco, sono sicuro che dopo queste poche righe qualcuno mitaccera' di essere “antieuropeo”. Ma mi chiedo: “e' forse anti-italiano colui che non gradisce le scelte di chi governa il Paese? Io, come qualche milioncino di europei, non sono contro l'Unione Europea. Sono contro questaUnione Europea. Che e' diverso. Non mi voglio difendere. Non ne ho bisogno. Voglio solo lanciare un segnale a tutti: svegliamoci. Iniziamo a non sottovalutare ciò' che fa l'UE. Informiamoci, chiediamo, partecipiamo, interveniamo. Osserviamo in modo critico e, soprattutto, non taciamo. Diciamo la nostra. L'Europa siamo noi. Organizziamoci. Non lasciamo che qualcun'altro, spesso assolutamente incompetente, decida al posto nostro.
Auguri vecchia, cara Europa. Siamo in tanti a credere in te e, vedrai, ti tireremo fuori dai guai. 

(1) ".....Per concludere, vorrei ricordare il vero, grande interrogativo del nostro domani, peraltro molto prossimo: il Mediterraneo, con i suoi problemi di pace, ma anche con quelli, immani, di forze che, sospinte dall’esigenza di dare risposta alle necessità primarie della sopravvivenza, tendono a trasformare il nostro continente in una comunità multirazziale. Io non so se sarà un bene o un male, ma so che l’avremo determinato noi, facendo mancare ai popoli rivieraschi le necessarie risorse, la solidarietà e l’impegno perché trovino nei loro territori la soluzione di vita, di sviluppo, di crescita civile.". Dall'intervento di Mario Melis al Parlamento Europeo – 13 febbraio 1990.