domenica 2 ottobre 2011

Cosa significa al giorno d’oggi essere “di sinistra” in Sardegna?

Significa credere ancora nella solidarietà e nella collaborazione? Vuol dire forse impegnarsi  nell’equità e nella giustizia sociale? Esprime la sobrietà e il rispetto degli altri, educando al risparmio e all’uguaglianza? Significa ancora credere nella creatività e nella vitalità? Sinistra, in Sardegna, vuol dire ancora porre le persone, la Terra che ci ospita e la felicità al di sopra di tutto e, dunque, anche al di sopra delle esigenze dell’economia, del mercato e dell’aumento del PIL?
Non sembra.
Mentre non si può dire che la destra non svolga il suo compito in coerenza con i propri principi, le contraddizioni regnano invece sovrane in gran parte della sinistra sarda. E ormai non passa giorno senza dichiarazioni politiche e programmatiche, o passaggi istituzionali di dubbio gusto, in cui di incoerenza si fa man bassa, sfoderando un repertorio di principi e concetti che nulla hanno a che vedere con i valori e i principi che guidano noi uomini e donne di sinistra.
Così, la competitività ha sostituito sia la collaborazione che la solidarietà, minando gravemente l’equità e la giustizia sociale, oltre al rispetto dei diritti. Lo sviluppo e la crescita a tutti i costi hanno preso il sopravvento sulla sobrietà, sul risparmio, sulla tolleranza e sull’equità; così come la produttività ha scavalcato la vitalità, ponendo al di sopra di tutto il guadagno e la fede cieca nell’economia. Alla creatività si contrappongono le mode e la mitica Innovazione, imponendo le leggi di mercato sia sulla nostra felicità che sulla stessa libertà, badando più all’”avere” che all’”essere”.
Durante l’ultima trasmissione “Ballarò” questo stato di cose è apparso in tutta la sua tremenda chiarezza. Ma è scorrendo il recente documento “EUROPA. ITALIA.UN PROGETTO ALTERNATIVO PER LA CRESCITA”, contributo del PD alla versione aggiornata del Programma italiano di Stabilità e del Programma Nazionale di Riforma, che si comprende chiaramente quale sia la via (a sinistra) che viene imposta.
Nel documento di poco più di 100 pagine il termine Crescita vi ricorre in modo ossessivo circa 250 volte. La parola Sviluppo vi compare 86 volte, seguita da PIL (74 volte) e da Innovazione (34 volte). Mentre di Equità si tratta solo 15 volte. Risulta peraltro curioso l’uso del termine “decrescita”: vi compare 4 volte, principalmente in riferimento a perdite di opportunità o, addirittura, in merito ai: “Circoli viziosi della decrescita nel Mezzogiorno”! In questo “lavoro di analisi” svolto dal Dipartimento Economia e Lavoro del Pd, in collaborazione con la Fondazione Italianieuropei, c’è poco spazio per la Cooperazione e la Collaborazione (0 e 3 volte), così come si tratta ben poco di Uguaglianza (2 volte), di Giustizia sociale (0 assoluto) e di Diritti fondamentali (sempre 0 assoluto) che, evidentemente, in materia di economia, di crescita e in tempi di crisi è meglio mettere da parte.
Il termine Progresso vi ricorre 6 volte, ricollegato all’ambito sociale, civile, culturale e scientifico. Ciò nonostante tutti sanno ormai che questo Progresso, al pari di questo Sviluppo, non è più sostenibile, e che per mantere in piedi il nostro attuale tenore di vita non bastano 4 pianeti.
In Sardegna come altrove, in nome del Progresso e dello Sviluppo si assiste quotidianamente ad ogni sorta di neffandezza, sostenuta anche da questa Sinistra. E se è vero che non esiste Progresso o Sviluppo senza Preservazione, allora dobbiamo chiederci anche perché la maggioranza dell’attuale Sinistra sia complice della distruzione delle nostre uniche risorse: dall’energia alle coste, dal silenzio alla lentezza, dall’ambiente all’agricoltura sino alla cultura, per non parlare del turismo. E senza considerare che, tra tutte le novità introdotte dal Progresso con l’Innovazione - spesso a discapito della nostra antica saggezza -, solo poche, pochissime, servono per migliorarci la vita; il resto alimenta solo malsani monopoli, turpi e dannose servitù, osceno consumismo e dipendenza da losche lobby di predoni.
Infine, anche la gran parte dell’attuale Sinistra sarda, per comprendere se le cose vanno bene o male e quindi prendere le proprie decisioni, si riferisce principalmente dell’andamento della borsa e del PIL. Di capire se i sardi e le sarde sono felici e stanno bene non se ne parla! Mentre si prosegue testardamente nel sostenere “misure anticrisi” che altro non fanno se non prolungare l’agonia.
E’ fuori dubbio che in Sardegna tutto ciò si rifletta sul nostro benessere. Come è fuori di dubbio che si tratti di una pericolosa deriva politica, alimentata principalmente dalla perdita di Identità, dall’ignoranza, dalla disinformazione e, spesso, dalla malafede.
Tutti diffetti peraltro facimente trasferibili ai giovani.
E se è vero che, come ha recentemente sottolineato qualcuno, politici siamo tutti noi cittadini e cittadine, allora è anche vero che nelle istituzioni, come nei partiti e nei movimenti, non servono “i politici” ma abbiamo un tremendo bisogno di “statisti”. La differenza tra le due categorie ce la spiegò bene De Gasperi: “Il politico pensa alle prossime elezioni, lo statista alle prossime generazioni.”.
Concludendo: ma veramente tutto questo significa “essere di Sinistra” in Sardegna?
Se è così, chi come me pretende di essere “di sinistra” la smetta di considerarsi tale e inizi a indignarsi, accontentandosi semplicemente di essere una persona onesta e di buon senso.
Forse la via per uscire dalla “crisi” passa anche da li.