domenica 26 febbraio 2012

L’Italia perde un’altra sponda. Cosa succede nella nostra terra d’oltremare?

Oramai è ufficiale, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si recherà in Sardegna. Un viaggio programmato da tempo allo scopo di far sentire forte la presenza dello stato in un momento in cui l’isola si trova ad essere attraversata da una profonda e gravissima crisi sociale ed economica. Una situazione molto preoccupante quella in terra sarda, soprattutto perché inizia ad emergere un malcontento tra la popolazione locale che in alcuni casi sembra anche degenerare verso pretese di autodeterminazione e affrancamento dal governo centrale di Roma. La visita del massimo rappresentante delle stato italiano è dunque quanto mai necessaria, per sancire in maniera chiara e netta che la Sardegna è, nel bene o nel male, terra italiana, e ogni velleità di contravvenire a questo assunto attraverso idee indipendentiste andrà ricondotta al massimo entro i limiti di un’ampia autonomia, ma niente di più. La Sardegna ha contribuito alla costruzione della patria italiana e il sangue versato dai soldati sardi durante la prima guerra mondiale ne è un chiaro esempio.  Tuttavia resta da risolvere il problema di una “questione sarda” che non sembra mai scomparire dal momento in cui, a partire dal 1720, le sorti dell’isola sono sempre state decise in Italia, da prima con il regno sabaudo e dopo con la monarchia e l’attuale repubblica italiana. Oggi i dati sulla disoccupazione, male endemico di questa terra, hanno raggiunto soglie talmente allarmanti (circa il 50% dei giovani non ha un lavoro) che fanno sembrare l'isola per condizione economica generale, molto più simile a un paese come la Tunisia piuttosto che alle più sviluppate regioni dell’Europa meridionale. Ad aggravare la situazione si è aggiunta anche una profonda crisi del settore dell’industria pesante che ha visto negli ultimi anni ridurre drasticamente il numero dei propri occupati. Anche la condizione nel settore dell’allevamento e dell’agricoltura è entrata da tempo in sofferenza, soprattutto la pastorizia, da sempre settore primario per occupati e produttività, non garantisce più nessuna prospettiva di crescita. In questi giorni durante la sua visita il capo dello stato avrà modo d’incontrare i rappresentanti locali e le autorità preposte all'ordine pubblico e alla sicurezza. In fatti negli ultimi tempi nella colonia sarda è esploso il malcontento della popolazione indigena che lamenta un'eccessiva riscossione dei tributi da parte dei messi di Equitalia inviati da Roma. Ma quello che preoccupa maggiormente i capi delle guarnigioni di stanza nell'isola è la diffusione di un sentimento di unità e partecipazione collettiva della protesta che negli anni precedenti la popolazione locale non aveva mai avuto. A tal proposito abbiamo pensato di intervistare un alto funzionario del nostro governo, esperto di questioni sarde, inviato appositamente nell’isola allo scopo di vigilare sui tentativi di sedizione dei locali (per ragioni di sicurezza con il nostro interlocutore si è deciso di mantenere l’anonimato).
Negli ultimi tempi in Sardegna la situazione si è fatta molto pesante. Lo stesso presidente Napolitano ha espresso preoccupazione per il nascere di forti tensioni sociali. C’è aria di rivolta?
Il presidente Napolitano può stare tranquillo. La maggior parte dei sardi vive ancora in uno stato di sonno profondo, è come se fossero sospesi nel tempo e nello spazio, incapaci del tutto d’ immaginare per sé stessi un futuro senza dipendere da noi italiani. Siamo persino riusciti senza troppa fatica a fargli credere che gli avremmo restituito parte dei soldi delle tasse che ci versano ogni anno.
A quanto pare si tratta di una somma cospicua, ben 10 miliardi di euro che di questi tempi fanno comodo a tutti..
Ha detto bene, fanno proprio comodo a tutti, figuriamoci se possiamo rinunciarci solo per restituirli ai sardi. A dire la verità, a loro questi soldi spetterebbero di diritto, c’è scritto nello statuto sardo che la maggior parte delle tasse versate devono essere restituite alla Sardegna ma gli isolani non si sono dati un granché da fare per reclamare il maltolto, quindi che dire…, per noi meglio così.. In oltre non dimentichiamoci un altro aspetto importante: il mantenimento della colonia oltremare è per l'Italia di vitale importanza perché lì abbiamo ancora il controllo assoluto e diretto di molte terre su cui da anni facciamo sperimentare armamenti e ordigni bellici tra i più pericolosi al mondo.
Si riferisce per caso al poligono del Salto di Quirra? Ci sono state molte polemiche ultimamente per via di alcune morti sospette tra la popolazione locale, si parla di contaminazione da polveri sottili
Esattamente, come ben saprà Quirra è l’area per esercitazioni militari più grande d’Europa e lo stato italiano l’affitta alle case produttrici di armi per testare l’efficacia dei nuovi armamenti e ordigni bellici. Si è anche costruita una nuova pista di volo per l’atterraggio dei Droni, gli aerei senza pilota che nel  2009 l’esercito israeliano ha utilizzato per visionare Gaza prima dell’operazione “piombo fuso”. Per quanto riguarda il clamore sulle morti sospette, si qualche caso c’è stato ma un fatto è sicuro: l’esercito italiano non andrà mai via dal Poligono Interforze, per noi è troppo strategico oltre che ben remunerativo. Insomma poi ci sono i posti di lavoro degli inservienti civili della base, quelli non vogliono mica la chiusura e sono abitanti del posto. Pensi che tra di loro ve ne sono diversi che hanno avuto persino dei lutti in famiglia, si dice dovuti a queste contaminazioni, ma nonostante ciò sono i primi che vogliono che tutto continui come prima.
E la politica sarda come si è espressa? Non ha chiesto la chiusura della base?
Ma scherza? A parte gli indipendentisti, che per fortuna sono marginalizzati dai media locali, la politica sarda non solo non si è opposta al mantenimento delle basi militari italiane in Sardegna ma in alcuni casi ne ha anche richiesto il potenziamento. A questo proposito mi ricordo bene di quando nel 2008 ben otto deputati sardi del Partito Democratico firmarono un’interrogazione parlamentare proprio per sollecitare il governo affinché portasse avanti il progetto per la pista che doveva ospitare i Droni di cui parlavo prima. La cosa più incredibile è che molti abitanti dell’isola non solo non si ribellano ma continuano a dare il loro voto ai rappresentanti dei partiti italiani e questo succede anche quando emergono evidenti contraddizioni come quella che ho appena raccontato. Se persino la sinistra è militarista in Sardegna.. allora per noi va benissimo.
Comunque nell’osservare la storia italiana della Sardegna sembra che la costante dello sfruttamento dell’isola sia sempre presente, forse hanno ragione gli indipendentisti
E' vero, dobbiamo ammettere che qualche volta con i sardi abbiamo un po' esagerato; come quando nel secolo scorso gli abbiamo estirpato gran parte delle foreste, ma d'altronde avevamo bisogno del carbone per scaldarci e poi per le nostre ferrovie occorrevano traversine buone, mica potevamo distruggere i nostri alberi.
Ma la Sardegna fa ancora comodo all’Italia?
Certo che fa comodo. Ora per esempio, anche se quest’isola sembra una terra un po' arida e brulla, è comunque buona per farci passare il gasdotto che ci porterà il metano dall'Algeria. Anche qui ovviamente utilizzeremo il solito trucco per imbonire la popolazione: gli stiamo facendo credere che il gas sarà anche per loro e che lo pagheranno anche poco. Non credo che avremmo difficoltà con questo progetto [GALSI], non ne abbiamo avuto neanche quando negli anni '60 gli abbiamo installato le nostre centrali petrolchimiche utilizzando i loro fondi del Piano di Rinascita. Oggi c'è ancora una azienda italiana, la Saras, che laggiù produce  benzina e gas che questi sardi pagano persino il doppio del prezzo di quello che costa in Italia. Pensi che vicino a questa industria ci sono dei paesi e delle città e anche qui a quanto pare ci sono stati molti casi di persone morte per patologie tumorali, ma gli stessi abitanti non ne hanno mai fatto un grosso problema. Quasi nessuno ha provato a lamentarsi, in fondo con 1200 euro al mese per due o tre mila operai risolvi la questione delle malattie e mantieni laggiù una fabbrica che per i danni che provoca all’ambiente e alla salute pubblica, qui in Italia, non vorrebbe nessuno. No, alla Sardegna proprio non potremmo mai rinunciare e poi pensiamoci bene, dove lo troviamo un mare così bello e limpido a un’ora di volo da casa? Noi italiani, quelli che contano ovviamente, mica i pezzenti da quattro soldi che ci sono adesso anche nel continente per via di questa crisi  economica, abbiamo tutti casa lì e ci andiamo anche d’inverno ogni tanto per organizzarci feste private ma qua è meglio non approfondire…, anzi quest’ultima frase che ho detto la cancelli proprio del tutto.
Ma come è possibile che i loro governanti non si siano mai ribellati?  Perché assistere inermi al consumo delle proprie risorse naturali e per giunta anche per mano altrui?
Le racconto un fatto: c’è stato anche un loro presidente che tempo fa aveva provato a tassarcele le nostre case, quelle che noi usiamo per le vacanze e per i nostri affari immobiliari. Avete proprio capito bene? Un sardo che mette una tassa per noi italiani. Si, una cosa incredibile che ovviamente gli abbiamo immediatamente cassato, devo dire,  anche con il sostegno dato dall’azione di propaganda di alcuni nostri amici coloni e qualche altro sardo compiacente. Potrei continuare con tanti esempi di questo tipo, tutti tesi a dimostrare fondamentalmente due concetti.
Quali? Forse che non si può continuare a spremere la Sardegna come un limone senza che poi non ci siano conseguenze?
Niente di tutto ciò, anzi è proprio il contrario. Il primo concetto è che l’Italia ha bisogno della Sardegna più di quanto la Sardegna abbia bisogno dell’Italia e alcuni dei motivi per cui ci fa comodo mantenere l’isola sotto il controllo italiano ve li ho appena illustrati. Il secondo è che in fondo questi sardi, dopo secoli di sfruttamento, hanno sviluppato un’indole remissiva, come se assuefatti alle sopraffazioni abbiano perso del tutto la fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità di autogovernarsi e decidere del loro futuro. Alcuni di loro sono ancora convinti che la salvezza arriverà dall’esterno e non hanno neanche la capacità di comprendere che è proprio la condizione di dipendenza dall’Italia la causa principale dei loro guai. Finché essi vivranno in questo stato di auto-denigrazione faranno solo gli interessi nostri e di tutti coloro che sulla Sardegna continuano ad arricchirsi, grazie anche alla complicità di qualche politico locale. Raramente mi è capitato di assistere ad una tale situazione di asservimento politico e mentale come quella osservabile in molti sardi nei confronti del sistema dominante italiano. Persino durante le mie esperienze presso paesi che vivono ancora in regimi di fatto coloniali non ho riscontrato una mentalità di questo tipo. Penso ai ribelli del delta del Niger che lottano contro lo sfruttamento distruttivo della loro terra da parte delle compagnie petrolifere straniere. Ma penso anche a esperienze più vicine geograficamente dove piccole regioni d’Europa sono riuscite ad emanciparsi dagli stati nazionali che le inglobavano e ora governano da sé il proprio sviluppo con un’accresciuta responsabilità data da un rapporto più stretto tra governanti e governati.
Sembra quasi di percepire, in queste sue ultime parole, che lei, da italiano, auspicherebbe una Repubblica Sarda indipendente
Le dico tranquillamente che se fossi in loro, i sardi, io farei di tutto per raggiungere questo obiettivo. Hanno tutto quello che serve per vivere felici in una terra che, nonostante tutto, è ancora bellissima.
E allora?
Allora è come le dicevo prima, è come se non lo sapessero, paradossalmente glielo dobbiamo dire noi. Anche se non si può generalizzare del tutto, infatti esistono anche eccezioni interessanti.
Tipo? Quali eccezioni?
Alcuni gruppi indipendentisti da diverso tempo sono molto attivi e l’aspetto interessante rispetto al passato è il messaggio innovatore e non violento che li contraddistingue, oltre la capacità di attirare sempre più giovani tra le loro fila. Sono in tanti e portano proposte politiche molto diverse ma tutte comunque rivolte nella direzione di pensare una Sardegna indipendente dall’Italia. Se questa forza creativa, dinamica e intelligente continuerà a crescere, noi non potremmo opporci e prima o poi il loro sogno si realizzerà ma, mi raccomando.., anche questa parte non la scriva, sono pur sempre un uomo del governo italiano, e a me la situazione della Sardegna sta bene così,  se lo ricordi..