Il bacino del Mediterraneo è naturalmente, strategicamente e, per molti versi, identitario, un elemento comune al resto dell'Europa, ai suoi vicini del Mar Nero, al Medio Oriente e al Continente africano. Ricca di risorse e complessità, l'Area esprime opportunità uniche. Peraltro, gli Stati costieri non sono solo legati dalla geografia e da antiche civiltà gloriose ma anche da sfide transfrontaliere in grado di incidere sugli equilibri mondiali. Ripercorrendo le principali fasi delle relazioni Euro-Mediterranee emerge che la realizzazione di una "zona di pace, stabilità, prosperità economica, sostenendo i valori democratici e i diritti umani" è un elemento ricorrente nella Politica estera dell'Unione Europea, sin dalla sua nascita alla fine degli anni 50. Tuttavia, nonostante i significativi passi avanti sia nel quadro della cooperazione in settori economici chiave come il commercio, i trasporti, l'energia e l'ambiente, che anche attraverso importanti interventi di sostegno finanziario, rileva soprattutto che, nel difficile contesto attuale, tale complesso ambito geo-politico richiede un'azione concertata di ben altro livello che, come dimostrano i fatti, non può di certo risolversi unicamente in un approccio fondato sul “mercato” ne sull'ennesimo intervento in chiave intergovernativa. Concretamente, benché sia stata realizzata una parte significativa della cornice si è ancora ben lontani dal completare il quadro, mancando un concreto approccio politico tutto ancora da impostare, diffondere ed a cui dare continuità.
Un pò di storia*
Nel Trattato di Roma (1957), l'allora Comunità Economica Europea (CEE, meglio nota tra gli europei e le europee come “Mercato Comune – Marché Commun – Single Market, etc...) inquadrava un Mediterraneo ancora avvolto nella “decolonizzazione”, dove ben poco spazio restava per le premesse di un dialogo rivolto ad una vera e propria Politica Euro-Mediterranea. In quel contesto si trattava infatti di un sistema di relazioni fondate essenzialmente su accordi di natura economica e commerciale, al fine di assicurare sbocchi importanti al futuro Mercato Unico Europeo (che, come è noto, vedrà la luce nel 1992) ed un ruolo predominante dell'Europa in un'Area dove ancora oggi si confrontano svariati appetiti mercantili come, ad esempio, quello cinese. Il Trattato che governava la “CEE” disponeva all'epoca il principio di “associazione economica” con i Paesi terzi mediterranei e, quindi, la possibilità degli Stati membri di concludere accordi in tale ambito. Beninteso, alcuni paesi membri della CEE potevano mantenere dei regimi doganali favorevoli con alcuni Paesi ex-colonie, senza particolari problemi di “concorrenza” nel quadro del Mercato Europeo.
L'allora CEE si affacciava dunque nell'Area Mediterranea non tanto come un punto di riferimento politico e sociale ma pressoché esclusivamente come un blocco commerciale che interveniva nelle relazioni economiche, lasciando ai propri stati membri interessati la massima libertà di gestire la propria agenda politica. Tale approccio veniva successivamente confermato anche durante il vertice di Parigi del 1972 dove la CEE, pur trattando di “Politica Globale Mediterranea”, esprimeva di fatto il solito approccio di vicinato fondato su basi commerciali quali, ad esempio, il libero accesso dei paesi mediterranei al mercato europeo dei manufatti o la liberalizzazione degli scambi. L'opinione di gran parte degli studiosi dell'epoca esprimeva forti perplessità su tale approccio, visto spesso come rivolto principalmente a favorire l'ingresso nell'Alleanza Atlantica di alcuni paesi, considerati strategici allo scopo di ridurre il rischio di un'eventuale espansione sovietica nell'Area.
Un segnale forte circa l'importanza dell'Europa nel quadro Mediterraneo venne lanciato, nel dicembre del 1973 a Copenaghen durante il Vertice europeo organizzato dagli allora nove paesi membri della CEE. Durante il vertice, ben quattro ministri arabi, benché non invitati, si aggiunsero al Vertice per sollecitare l'attenzione dell'Europa sui gravi problemi scaturiti dalla crisi energetica provocata dal conflitto arabo-israeliano dello Yom Kippur. A Copenaghen i quattro ministri arabi rivolsero un accorato appello alla CEE, auspicando sia un suo intervento presso Israele e gli Stati Uniti circa il ritiro israeliano dai territori occupati, che l'avvio di una concreta cooperazione tra la CEE e paesi arabi, non solo in campo economico ma anche tecnico e culturale.
Nel periodo successivo i deboli progressi risultano inevitabilmente influenzati dalla Guerra Fredda e dalla crisi tra Israele e Palestina, mentre in Europa si fanno più insistenti le aspettative in merito ad una “politica estera comune” che, soprattutto nell'Area Mediterranea, viene vista come un’esigenza anche in considerazione delle complesse sfide che la caratterizzano. Tra i partner arabi emergono nel frattempo evidenti ambizioni rivolte ad una presenza più attiva e concreta nelle relazioni internazionali, sollecitata anche dalle tendenze riformiste che iniziavano a diffondersi nella popolazione.
Una risposta concreta giunge nel 1993 quando, nel contesto degli accordi di Oslo tra palestinesi e israeliani, venne annunciata una Conferenza sul “Partenariato Euro-Mediterraneo” (PEM). La Conferenza si tenne nel 1995 a Barcellona. Il PEM, nato in quell'occasione, mirava alla stabilità ed alla crescita fondate sulla cooperazione sia politica che economica e sociale. Sin dai primi momenti dell'importante vertice fu evidente che il processo avviato a Barcellona non sarebbe stato di certo in grado di incidere radicalmente nelle tendenze dell'epoca ma, senza dubbio, sarebbe stato in grado di contribuire ad evitare il peggioramento della situazione. Purtroppo nel periodo successivo, caratterizzato dall'aggravarsi del conflitto Israele-Palestina, si assiste all'impasse del “processo di Barcellona”, incluso il fallimento del progetto relativo a una “Carta per la pace e la stabilità nella regione”.
Gli eventi dell’11 settembre 2001, la guerra in Iraq del 2003 e gli attentati del 2004 e 2005 a Madrid e Londra hanno fatto il resto.
Nonostante la complessità del quadro geo-politico, l'Unione Europea è impegnata in quel periodo nella preparazione del grande allargamento verso est e verso sud, avvenuto poi nel 2004. Tale evento storico si rifletteva inevitabilmente sulla necessità per l'UE di rafforzare comunque i rapporti con i paesi terzi mediterranei prossimi all'Unione e per i quali non era prevista la possibilità di adesione in un futuro prossimo. In tale contesto rileva peraltro la situazione della Turchia la cui adesione all'UE, a causa di varie e ben note criticità, viene continuamente rinviata sin dal 1987. Oltre alla Turchia, ad oggi sono cinque i paesi ufficialmente candidati ad aderire all'UE: la Macedonia del Nord (dal 2004), il Montenegro (dal 2010), la Serbia (dal 2012) e l'Albania (dal 2014). Altri stati della Penisola Balcanica occidentale hanno siglato un “Accordo di stabilizzazione e associazione”, premessa necessaria per candidarsi all'adesione.
Tale impegno europeo si concretizza infine nel giugno del 2003, durante il Consiglio europeo di Salonicco, con l'adozione della Politica Europea di Vicinato ( PEV), i cui principi e l'articolazione emergono tuttavia progressivamente, richiedendo anche importanti interventi di revisione dovuti a eventi quali, ad esempio, le insurrezioni verificatesi nel vicinato meridionale tra il 2010 e il 2011. Parallelamente all'impegno dell'UE avviato a Salonicco con la Politica di Vicinato, la Francia punta all'obiettivo di rianimare il “processo di Barcellona” e, durante il “Vertice per il Mediterraneo” organizzato a Parigi nel 2008, lancia l'”Unione per il Mediterraneo” (UpM). L' iniziativa Intergovernativa coinvolge i 27 Stati membri dell'UE e 16 paesi del Mediterraneo meridionale e orientale: Albania, Algeria, Bosnia ed Erzegovina, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Mauritania, Monaco, Montenegro, Marocco, Tunisia, Turchia (l'accordo con la Siria risulta attualmente sospeso, mentre la Libia è presente in qualità di Paese “osservatore”; il coinvolgimento della Palestina si fonda invece sull'accordo di cooperazione concluso nel 1997 tra l'UE e l'Autorità Palestinese). L'UpM si concentra su 6 ambiti:
• Sviluppo imprenditoriale
• Alta formazione e ricerca
• Affari sociali e civili
• Energia e azioni per il clima
• Trasporti e sviluppo urbano
• Acqua e ambiente
Nel novembre del 2020 i ministri del commercio dell'Unione per il Mediterraneo si sono riuniti per l'undicesima Conferenza Ministeriale sul Commercio. Nella Dichiarazione Congiunta i ministri hanno chiesto il “rafforzamento dei legami commerciali come elemento cruciale per la ripresa economica regionale”, annunciando una serie di nuove iniziative per facilitare ulteriormente e aumentare i flussi commerciali e di investimento. Sempre nel novembre del 2020, il 25° anniversario del Processo di Barcellona è stato caratterizzato da un'attenta riflessione delle istituzioni coinvolte in merito alle sfide politiche, socioeconomiche, finanziarie e ambientali che il partenariato Euro-Mediterraneo è chiamato ad affrontare anche in conseguenza della grave crisi sanitaria in corso.
Nel febbraio del 2021, le riflessioni al riguardo sono confluite in una Comunicazione congiunta (Commissione europea - Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza) relativa a: "Un partenariato rinnovato con il vicinato meridionale - Una nuova agenda per il Mediterraneo" a cui si allega un "Piano economico e di investimenti per i vicini del sud". Sempre nel febbraio del 2021, nell'ambito della nuova revisione della politica commerciale dell'UE si annuncia una nuova iniziativa di investimento sostenibile per i partner interessati nel vicinato meridionale e in Africa.
Ritornando alla PEV, posto che l'ultimo riesame di questa politica da parte dell'UE si è svolto nel 2015, occorre sottolineare lo sforzo programmatico e di sostegno finanziario che quest'ultima ha avviato in particolare nel quadro della Cooperazione Transfrontaliera nel Bacino del Mediterraneo (Cross Border Cooperation – CBC), nei periodi 2007-2013 e 2014-2020. Ciò in particolare attraverso i programmi ENPI e, successivamente, ENI.
Nel periodo di programmazione 2021-2027 l'UE interverrà nell'Area attraverso il nuovo “Strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale” (NDICI) relativo alla totalità dell'Azione Esterna dell'UE.