Secondo il Comitato Europeo delle Regioni occorre evitare che gli stanziamenti speciali per le regioni carbonifere distolgano fondi dalla Politica Regionale e vadano a discapito delle altre regioni europee. La massima Assemblea delle Regioni europee sottolinea quindi la necessità urgente di un nuovo Fondo per una transizione giusta, che sostenga finanziariamente le regioni che ancora dipendono dal carbone a far fronte all'abbandono dei combustibili fossili.
Questo il messaggio centrale del parere adottato il 9 ottobre dal
Comitato europeo delle regioni (CdR), l'assemblea dei leader locali e
regionali dell'UE, che ha però insistito sulla necessità che tale
sostegno non vada a scapito di altre regioni.
L'appello
rivolto dai leader locali e regionali combina il sostegno agli aiuti
speciali a favore di diverse decine di regioni con la difesa del
bilancio dell'UE per lo sviluppo regionale, che alcuni leader nazionali
degli Stati membri vorrebbero ridurre in misura sostanziale. La
Commissione europea ha proposto sia una riduzione dei fondi di coesione
per lo sviluppo regionale sia la creazione di un Fondo per una
transizione giusta per le regioni carbonifere. Tuttavia, la Presidente
entrante della Commissione Ursula von der Leyen non ha precisato in che modo questo nuovo fondo dovrebbe essere finanziato.
Il parere del CdR in merito è stato elaborato da Mark Speich (DE/PPE), sottosegretario del Land Renania settentrionale-Vestfalia agli Affari federali, europei e internazionali.
Il relatore Speich spiega che "i cambiamenti climatici costituiscono una sfida per tutta l'Europa, e
la trasformazione delle regioni carbonifere reca un contributo cruciale
al conseguimento dei nostri obiettivi in materia di clima. Pertanto, è
necessario che l'UE assicuri il suo sostegno alle regioni carbonifere
che attraversano una fase di transizione sociale ed economica, fornendo
loro un aiuto finanziario nel prossimo quadro finanziario pluriennale.
Per stimolare nuovi investimenti, inoltre, occorre che le regioni
dispongano di un margine di manovra sufficiente in relazione alle regole
della politica di concorrenza".
Speich
manifesta poi il suo apprezzamento per la proposta della Presidente
eletta della Commissione di istituire un Fondo per una transizione
giusta,
che "dovrà essere inteso a mitigare gli effetti sociali, socioeconomici
e ambientali della ristrutturazione delle regioni carbonifere europee",
ma sottolinea anche che "il nuovo fondo dovrebbe essere finanziato da
risorse aggiuntive e non attingendo alla dotazione prevista per i Fondi
strutturali e di investimento europei". "Inoltre", aggiunge, "bisognerà
che tale finanziamento sia strettamente interconnesso con la politica di
coesione. In tal modo, infatti, queste risorse supplementari potrebbero
essere utilizzate per rafforzare i programmi del FESR e dell'FSE per le
regioni NUTS 2 interessate nei prossimi sette anni".
Secondo
le raccomandazioni formulate dal CdR, il sostegno del Fondo per una
transizione giusta dovrebbe essere erogato attraverso programmi dei
fondi di coesione. Inoltre, il CdR sottolinea la necessità che l'UE
consenta ai governi nazionali, regionali e locali di disporre di un
margine di manovra supplementare per sostenere le imprese che devono far
fronte alle conseguenze dell'abbandono dei combustibili fossili. Il CdR
afferma che le regole dell'UE in materia di aiuti di Stato, che
dovrebbero scadere nel 2020, andrebbero riviste al fine di garantire che
le regioni carbonifere dispongano di "sufficiente flessibilità per
attutire l'impatto sociale ed economico dell'abbandono del carbone".
Per
quanto riguarda la tempistica, il relatore Speich avverte che "per
aiutare le regioni carbonifere ad aprirsi a nuove prospettive sociali ed
economiche, occorre iniziare adesso: muoversi solo quando la situazione
economica di tali regioni si sia deteriorata significherebbe agire
troppo tardi".
Tra
i 350 membri del CdR vi sono molti rappresentanti delle 41 regioni,
appartenenti a 12 Stati membri tra cui il Regno Unito, dove esistono
ancora miniere di carbone. Il CdR esorta queste regioni a cooperare tra
loro, nonché con i rispettivi governi nazionali e l'Unione europea,
nello sforzo di adeguare le loro economie, al duplice scopo di evitare
sovrapposizioni e di scambiare esperienze. Tra le misure raccomandate
dal CdR figurano una formazione professionale supplementare, la
creazione di università tecniche, lo sviluppo di un ambiente favorevole
all'innovazione e la digitalizzazione in quanto strumenti fondamentali
per diversificare le economie di tali regioni.
Nel
parere del CdR, inoltre, si pone fortemente l'accento sul potenziale di
sviluppo racchiuso nei punti di forza esistenti nelle regioni in
questione. In particolare si sostiene che, per la trasformazione
strutturale di queste regioni, si dovrebbe far leva sull'attuale tessuto
industriale ed energetico come base per lo sviluppo, tenere conto dei
cicli d'innovazione e di investimento di soggetti industriali esistenti e
sfruttare i cluster industriali, le competenze operative e le capacità
di ricerca.
Il 9 ottobre un convegno ad alto livello organizzato dal CdR sul tema " Regioni carbonifere in transizione "
ha visto la partecipazione di ministri nazionali e leader regionali di
11 regioni carbonifere appartenenti ad otto Stati membri, nonché di
Günther Oettinger, commissario europeo per il Bilancio e le risorse
umane.
La
proposta di istituire un Fondo per una transizione giusta è un elemento
di primo piano del programma presentato da Ursula von der Leyen, che il
1° novembre diventerà la Presidente della Commissione europea. La
commissaria eletta per la Coesione e le riforme Elisa Ferreira ha dichiarato il 2 ottobre al Parlamento europeo
che presenterà una proposta di istituzione del Fondo entro 100 giorni
dal suo insediamento. Un altro dei primi compiti della futura
Commissione europea sarà quello di raggiungere un accordo con gli Stati
membri dell'UE e il Parlamento europeo sul bilancio dell'UE per il
periodo 2021-27.
Si prevede
che il graduale smantellamento dell'industria del carbone comporterà la
perdita di un gran numero di posti di lavoro in Bulgaria, Cechia,
Germania, Polonia, Romania, Spagna e Regno Unito, e che vi saranno
licenziamenti anche in Grecia, Slovacchia e Slovenia. Secondo uno studio ,
le due regioni dell'UE in cui le conseguenze sociali potrebbero essere
maggiori sono la regione greca della Macedonia occidentale e quella
romena del Sudovest-Oltenia.
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