giovedì 17 febbraio 2022

COVID, CERTIFICATI E DIRITTI....UNA STRADA SDRUCCIOLEVOLE PER L'UNIONE EUROPEA

In quanto Avvocato, vaccinato ma duramente colpito da un brutto attacco di deformazione professionale, non posso esimermi dal dare il mio modesto contributo per contrastare la gravissima situazione di illegalità che, nel recente periodo, caratterizza il governo dell'Italia. In questo quadretto non posso che aggrapparmi alla povera Costituzione italiana e, in particolare, ai suoi principi che impongono la prevalenza del Diritto Internazionale sul Diritto nazionale (Artt. 10 e 117 della Costituzione).

Inoltre, da europeista sfegatato, non posso che reagire ai continui attacchi al diritto ed agli ideali europei che ostacolano gravemente il processo di costruzione Europea, così come voluto dai padri fondatori e dalle madri fondatrici.

Ecco alcune pillole:

I - Il Consiglio d’Europa (CoE) è un'organizzazione internazionale diversa dall'UE con sede a Strasburgo. E' composta da 47 stati ed è rivolta a promuovere e tutelare la democrazia ed i diritti umani anche attraverso la propria "Corte Europea dei Diritti dell'Uomo"  e la "Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali" (CEDU). Attraverso la recente Risoluzione n. 2361 del 2021 relativa ai vaccini contro il Covid-19, il CoE ha fortemente incoraggiato campagne di vaccinazione "su base volontaria", sostenendo che "nessuno deve subire pressioni politiche, economiche e sociali" che, di fatto, obbligano alla vaccinazione anche le persone contrarie a farlo". Tali "pressioni" sarebbero in contrasto con i principi della Convenzione Europea.
 
II - Ecco una recente Interrogazione di un'Euro-Parlamentare che chiede alla Commissione europea una risposta scritta. Purtroppo il Parlamentare confonde il Consiglio d'Europa con l'UE e, pur essendo la sua interrogazione assolutamente corretta, presta il fianco alla Commissione europea per sminuirne la portata:
Certificato verde: violazione da parte del governo italiano del principio di non discriminazione (regolamento (UE) 2021/953 e risoluzione n. 2361/2021) e dell'articolo 288 TFUE

TESTO DELL'INTERROGAZIONE: "Il regolamento (UE) 2021/953 e la risoluzione n. 2361/2021 sul certificato COVID-19 sanciscono il principio di non discriminazione. In particolare, al considerando (36) il regolamento esclude l'obbligo vaccinale stabilendo il principio di non discriminazione di coloro che non possono o non vogliono vaccinarsi, prescrizione omessa nella prima versione della traduzione italiana e rettificata solo il 5 luglio 2021. L'articolo 288 TFUE* dispone che il regolamento sia obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ogni Stato membro. In Italia il certificato verde è oggi richiesto ai cittadini per svolgere attività quotidiane, studiare, lavorare, accedere ai trasporti pubblici. Inoltre, il governo italiano ha deciso di lasciare a carico del cittadino italiano il costo del tampone, trasformando di fatto il certificato verde in un mezzo di coercizione e ricatto per obbligare surrettiziamente quante più persone a sottoporsi alla vaccinazione contro la COVID-19. Si chiede alla Commissione se le misure adottate dal governo italiano non costituiscano una violazione del principio di non discriminazione sancito dalla risoluzione n. 2361/2021 e dal regolamento (UE) 2021/953 alla luce dell'articolo 288 TFUE e, in caso affermativo, se non intenda adottare immediatamente una procedura di infrazione nei confronti del governo italiano".

RISPOSTA DELLA COMMISSIONE EUROPEA:  "La pandemia di COVID-19 rappresenta una sfida senza precedenti, che ha ripercussioni di vasta portata sulla salute pubblica e su tutti gli aspetti della nostra vita. La Commissione e gli Stati membri collaborano a stretto contatto per far fronte a questa sfida. Tuttavia, le questioni di sanità pubblica rientrano principalmente nella sfera di competenza degli Stati membri. In particolare, la responsabilità delle politiche, dei programmi e dei servizi di vaccinazione spetta a questi ultimi. Ciò vale anche per la legislazione in materia di vaccinazione, compresa la questione dell'obbligatorietà. Per quanto riguarda la risoluzione 2361/2021 dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa(1) «Vaccini contro la COVID-19: considerazioni etiche, giuridiche e pratiche», è importante precisare che non si tratta di uno strumento del diritto dell'Unione, in quanto il Consiglio d'Europa non è un'istituzione dell'UE. Per garantire il rispetto del diritto di libera circolazione nell'UE ed evitare discriminazioni nei confronti di chi non è vaccinato, il regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE(2) fa riferimento ai certificati di vaccinazione contro la COVID-19, ai certificati relativi ai test e a quelli che attestano la guarigione dalla malattia. Tale regolamento non disciplina l'uso dei certificati COVID-19 a fini nazionali. Qualora gli Stati membri decidano di utilizzare il certificato COVID digitale dell'UE o altri certificati nazionali a fini interni, ciò deve essere previsto dal diritto nazionale, il quale deve rispettare, tra l'altro, i requisiti in materia di protezione dei dati. Nel caso in cui uno Stato membro istituisca un sistema di certificati COVID-19 a fini nazionali, esso dovrebbe garantire che anche il certificato COVID digitale dell'UE possa essere utilizzato e sia pienamente accettato per gli stessi fini, in modo che i viaggiatori che si recano in un altro Stato membro non debbano ottenere un certificato nazionale supplementare.".

La risposta fornita dalla Commissione europea attraverso il suo Commissario alla giustizia Didier Reynders non mi pare assolutamente convincente in considerazione di due aspetti importanti:

1) pur essendo vero che il Consiglio d'Europa (CoE) non è un'Istituzione dell'UE, resta comunque da considerare il fatto che anche i Trattati dell'UE devono conformarsi al Diritto internazionale e, quindi, anche ai principi della  "Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali" del CoE, firmata da tutti gli stati aderenti all'UE. Tale concetto viene chiaramente ripreso nell'art. 52 della stessa Carta dei diritti dell’Unione europea che dispone: «laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, significato e portata sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta Convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell’Unione conceda una protezione più estesa». 

2) Il Sig. Reynders pare dimenticare che la certificazione in esame viene rilasciata dagli stati membri dell'UE in base a un Regolamento dell'UE stessa. Il Regolamento è l'atto giuridico più importante dell'UE e, contemporaneamente, è legge in tutti gli stati, inclusa l'Italia. Sarebbe un gravissimo colpo al cuore dell'UE, delle sue istituzioni e del suo Diritto, se si permetesse agli stati membri e, in questo caso, all'Italia, di modificare allegramente una Legge attraverso un atto giuridico di portata di gran lunga inferiore come una semplice "circolare".

*Trattato sul Funzionamento dell'UE - altro accordo internazionale firmato anche dall'Italia e che prevale sul diritto italiano.