venerdì 18 febbraio 2022

L'IMPATTO SULLE REGIONI DEI PRINCIPALI FONDI EUROPEI? ECCO L'OTTAVA RELAZIONE SULLA POLITICA DI COESIONE DELL'UE

 La Politica di Coesione Economica, Sociale e Territoriale dell'UE è la principale Politica di investimento dell'Unione europea. Opera a favore di tutte le regioni e città dell'UE e intende sostenere la "crescita economica", la creazione di posti di lavoro, la competitività delle imprese, lo "sviluppo sostenibile" e la protezione dell'ambiente. L'impatto di questa Politica europea - che assorbe una buona parte del bilancio dell'UE - purtroppo non pare abbia avuto sinora molto successo in talune regioni soprattutto del Sud dell'Europa come, ad esempio, la Sardegna. Probabilmente alcuni parametri che utilizza l'UE nel suo intervento non sono affidabili. Uno tra questi è l'uso del PIL quale indicatore di base per stabilire la situazione di una Regione dal punto di vista economico e sociale. A parte qualche timido tentativo, l'UE continua, imperterrita, a pretendere che il benessere, la felicità e il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro degli europei e delle europee si misurino attraverso il "valore aggregato, a prezzi di mercato, di tutti i beni e i servizi finali prodotti sul territorio di un Paese in un dato periodo di tempo". Inoltre, risulta alquanto complesso comprendere come, nonostante la gravissima urgenza climatica che investe tutto il Pianeta, si continui a investire su uno "sviluppo" che non è più, in nessun modo, "sostenibile"
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L'ottava Relazione sulla Coesione valuta l'evoluzione delle disparità regionali a lungo termine e non può che soffermarsi anche sugli effetti "a breve termine" dell'emergenza sanitaria ancora in corso. Questa, ovviamente, offre interessanti spunti per allegerire lo scarso impatto di tale Politica soprattutto in talune regioni europee. Impatto che, in talune ipotesi, la Relazione definisce "asimmetrico" o di "forte crescita" nelle regioni meno sviluppate dove, tuttavia,"i vantaggi in termini di bassi costi e il rendimento degli investimenti nelle infrastrutture potrebbero ridursi col tempo". Inevitabile il riferimento alla necessità di "riforme del settore pubblico, un miglioramento delle competenze della forza lavoro e una più forte capacità innovativa". Tutte cose che l'UE, nel quadro del Semestre Europeo, "raccomanda" tradizionalmente anche all'Italia. Secondo Ferreira, la mancanza di adeguate riforme non consente alle regioni del Meridione d'Europa di uscire dalla " trappola dello sviluppo" in qui sarebbero precipitate sin dal 2008. Questa “trappola”, secondo la Commissaria, è causata dalla tendenza di taluni stati membri, come l'Italia, a concentrare lo sviluppo in pochi poli nazionali, invece che diffonderlo in tutto il Paese. Un'affermazione importante ma che ci dovrebbe rimandare indietro nel tempo ben prima del 2008, considerato che talune regioni d'Europa come, ad esempio, la Sardegna, si dibattono in questa "trappola" almeno dalla fine anni 80. Ma qui il PIL c'entra poco o niente. 

 

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