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L’unica regione del Sud con un tasso di disoccupazione giovanile crescente è la Sardegna con +7,58%...... |
"......... Al fine di identificare le principali sfide a cui il PR
intende dare risposta, sono stati analizzati nel dettaglio i principali
indicatori di disagio economico e sociale e delle diseguaglianze che sono
contenuti nel “Regional Social Scoreboard - Report di posizionamento della
Regione” che la Regione ha predisposto ed esaminato con il Partenariato
istituzionale, economico e sociale nella fase preparatoria del PR.
Le
fonti ufficiali dei dati riportati in questa sezione sono ISTAT, in
particolare gli indicatori territoriali per le politiche di sviluppo e i
censimenti permanenti, ed EUROSTAT.
I dati fanno prevalentemente riferimento al 2020; altri dati inseriti per
annualità diverse dal 2020 sono indicati nel testo.
Gli
indicatori del mercato del lavoro restituiscono evidenze di disagio
occupazionale piuttosto gravi che inevitabilmente intersecano il disagio
scolastico e sociale. Tra gli indicatori è incluso il tasso di
attività, quale propensione alla partecipazione al mercato del lavoro, ossia
l’offerta di lavoro. La sua dinamica è correlata al contesto economico e
rappresenta un sensore della recettività del mercato del lavoro. Esso si attesta nella Regione al 60,3%
della popolazione in età lavorativa, con
un gap relativamente importante rispetto all’Italia (64,1%) in contrazione
rispetto all’anno precedente di -3,1 punti percentuali. Appare di interesse
per la strategia del PR evidenziare i dati occupazionali relativi alle persone
con disabilità: 41.537 (+11,7% rispetto al 2016) che nel 2018 risultano
disponibili al lavoro. Le assunzioni nel
triennio 16-18 sono state in totale 993, decisamente poche rispetto ai
disponibili al lavoro, va osservato tuttavia, nello stesso periodo, un
trend positivo del +13%, con contratti
prevalentemente a tempo determinato (66%).
La disoccupazione nella Regione esprime un
importante disagio occupazionale, con un tasso al 13,3%, contro una media
nazionale del 9,2%. È, tuttavia, il tasso di mancata partecipazione al
lavoro che restituisce una prospettiva più realistica del fenomeno, in quanto
include anche le persone inattive ma disponibili a lavorare. Esso è pari in
Sardegna al 26,4%, contro un tasso nazionale del 19% e nel Mezzogiorno del
33,5%.
La
platea dei disoccupati è caratterizzata da gruppi sociali che maggiormente
evidenziano aspetti di rilevante criticità e necessità di investimenti sociali
quali i giovani, le donne, i disoccupati di lunga durata e i soggetti
particolarmente fragili quali immigrati e soggetti con disabilità.
La disoccupazione
giovanile (15-24 anni) registra un tasso del 40,9% contro il 29,4%
nazionale; tale dato, di per sé critico, diviene emergenziale se si osserva
l’indicatore più realistico della mancata partecipazione al lavoro, pari al
60,1% contro un 47,2% nazionale. La
disoccupazione femminile si attesta al 13,2% contro il 10,2% nazionale.
Anche in tal caso il tasso di mancata partecipazione al lavoro delle donne
restituisce più evidentemente una condizione di forte criticità, posizionandosi
al 29,6% contro il 22,7% nazionale, ma con un differenziale negativo di 5,8
p.p. rispetto ai maschi, posizionati al 24,8%.
Il
tasso di disoccupazione di lunga durata (DLD) rappresenta uno dei
principali indicatori di sofferenza del mercato del lavoro, in quanto misura la
persistenza dello stato di disoccupazione degli individui, dando
un’informazione indiretta su fenomeni di disagio sociale. Il tasso di DLD in
Regione risulta del 6,6% a fronte di un dato nazionale del 4,7%. Se invece,si
osserva l’incidenza dei DLD sulla platea totale dei disoccupati, il fenomeno è
pari 49,7% contro una media nazionale del 52,5% trainata dagli alti valori del
Mezzogiorno.
L’accesso
e la permanenza nel sistema di istruzione rappresenta tuttora
una sfida decisiva per il sistema regionale. Si assiste all’abbandono dei
percorsi scolastici da parte dei giovani (18-24 anni) con valori ancora
significativi, seppure in miglioramento. In Sardegna, i giovani che hanno
abbandonato i percorsi di istruzione sono il 12%, recuperando gradualmente il gap
rispetto al valore nazionale pari al 13,5%. Da rilevare un significativo
differenziale di genere: i maschi rappresentano un target vulnerabile con un
tasso di abbandono pari al 21,9% rispetto al 13,1% delle femmine.
Correlato
all’abbandono scolastico da segnalare l’ancora elevata presenza dei c.d. NEET
(15-29 anni): il tasso dei giovani NEET è pari al 26,1% contro un valore
nazionale del 23,3%, equivalente a 58mila giovani. Tra
il 2011 e il 2020 il livello dell’istruzione nella Regione è complessivamente migliorato,
definendo una popolazione in possesso di titoli di istruzione sempre più alti e
specialistici, pur se ancora insufficienti rispetto alla domanda potenziale
delle imprese. Il tasso di scolarizzazione superiore risulta ancora ridotto
rispetto alla media nazionale: il 74,5% regionale contro l’81,8% nazionale e il
77,7% del Mezzogiorno, mentre il tasso di istruzione terziaria in Sardegna si
attesta al 25,1% contro il 27,8% nazionale.
Esaminando l’educazione
degli adulti, il livello di istruzione della popolazione adulta (25-64 anni)
fino al livello di istruzione secondaria inferiore è pari al 47% rispetto al
37,5% nazionale, segnalando un gap da colmare. Gli occupati (25-64 anni)
che partecipano ad attività formative e di istruzione sono il 9,4% della platea
degli occupati, dato che rappresenta una buona performance rispetto al dato
nazionale del 7,6%, ma si tratta pur sempre di numeri marginali e insufficienti
a sostenere politiche di cambiamento e strategie di sviluppo. Gli adulti che
partecipano all’apprendimento permanente sono in Sardegna il 10% IT 11 IT
rispetto al valore nazionale del 7,2%.
Nell’ambito
del disagio sociale in Sardegna, tra gli anni 2014-2019, si
registra un importante contenimento del valore dell’indicatore relativo alle
persone a rischio povertà ed esclusione sociale (AROPE), che dal 37,7% del 2014
scende al 28,10% nel 2019, con una variazione percentuale pari a - 25,46%,
rimanendo, tuttavia, a livelli ancora
superiori ai valori UE e nazionali. Da considerare, ancora, che la Sardegna è
la terza regione con il più alto tasso di povertà relativa minorile (0-17
anni). Nel 2019 il 35,3% dei minori in Sardegna è considerato in stato di
povertà relativa, dato equivalente a 80.419 minori (elaborazioni su dati
ISTAT).
Il Terzo settore ha un
ruolo fondamentale, per la sua presenza diffusa e radicata nel territorio per
sostenere la struttura della rete sociale. Secondo l’ultimo Censimento l’ISTAT
(2018), in Sardegna erano operative 11.269 istituzioni no profit, con
un’incidenza di 22,5 istituzioni ogni 10mila abitanti e con un incremento del
quasi 9% rispetto all’anno precedente. Le cooperative sociali impiegavano quasi
il 68% degli occupati nel settore.
Fallimenti
del mercato La dimensione dei fallimenti di mercato è
insita nei fenomeni descritti al precedente paragrafo, che ancora oggi si
manifestano in termini di squilibri economici, occupazionali, formativi e
sociali nella Regione. Ad esempio, nell’ambito del lavoro la forte
disoccupazione, in specie femminile e giovanile, è sintomo che il sistema
economico-produttivo regionale non è in grado, da solo, di rispondere
pienamente alle sfide del cambiamento e dell’innovazione e portare ad un
elevata occupazione, tenendo conto anche dei forti effetti economici da
CoViD-19.
Le
politiche per l’istruzione e la formazione, a eccezione della
formazione continua, sono, invece, di piena competenza pubblica e non assegnate
al mercato nell’ordinamento italiano. Al riguardo, permane la necessità di
investimenti per contrastare l’abbandono scolastico e per colmare una carenza
di formazione terziaria, associabile anche a scarsi investimenti in ricerca e
sviluppo, sia pubblici che privati, che concorre a una fragilità del sistema
delle competenze necessarie all’occupazione e allo sviluppo.
Infine, anche le reti
dei servizi per il lavoro e socio-sanitari sono di competenza pubblica, pur
se, in questo caso, nel quadro di un sistema pubblico-privato. Tali reti non risultano adeguate al
fabbisogno quantitativo e qualitativo, con difficoltà di accesso in particolare
da parte delle persone più fragili e vulnerabili. Trasversalmente agli
elementi descritti, la difficoltà
diffusa di accesso al credito, in particolare per le piccole e microimprese
sarde e per le famiglie, evidenzia l’esistenza di un fallimento delle dinamiche
del mercato anche da questo punto di vista, con impatto sulla capacità di
resilienza del sistema economico-produttivo e di promozione dell’occupazione e
dell’inclusione. Secondo Banca D’Italia (Economie regionali 2020), le
difficoltà di accesso al credito, in particolare per le piccole e microimprese
sarde, continuano a persistere. Il tasso d’interesse (dicembre 2020) dei
prestiti connessi alle imprese piccole si attesta al 9,33%, valore
particolarmente alto rispetto alla media delle imprese (5,52%) e alle imprese
medio-grandi (5,04%), collegabile alla scarsa capitalizzazione e al maggior
rischio di insolvenza imputato alle micro e piccole imprese. Inoltre, il
valutatore del PO 14/20 ha segnalato ampie difficoltà di capitalizzazione delle
cooperative, nonostante il loro importante ruolo in molteplici campi
dell’economia sociale. In merito, permane valida la strategia nella
“Valutazione ex ante” degli Strumenti Finanziari per la Programmazione 14/20
della Regione, secondo la quale “(…) emerge una strategia trasversale che
attribuisce agli SIF un ruolo chiave a supporto delle politiche attive di
intervento a sostegno dell’autoimpiego e dell’autoimprenditorialità.
L’acquisizione di tale ruolo passa attraverso interventi sull’architettura
finanziaria dei fondi che assicurino: (…) continuità; (…) sostenibilità; (…)
integrazione; (…)”. Bisogni di investimento e complementarità e sinergie con
altre forme di sostegno Alla luce dell’analisi di contesto e delle sfide
identificate come prioritarie, si evidenziano di seguito gli investimenti
ritenuti necessari da porre in stretta correlazione con il quadro fino a qui
delineato. Gli investimenti sul lavoro sono finalizzati ad accrescere
l’occupazione in particolare dei giovani e delle donne, dei disoccupati di
lunga durata con particolare attenzione ai soggetti vulnerabili……..".