Parafrasando
una canzone di Tonino Carotone,
le istituzioni dell'UE preparano gli europei e le europee a un
periodo di recessione definito "di proporzioni storiche"
a seguito di "uno shock violento per l'economia mondiale e per
quella dell'UE" con "conseguenze socioeconomiche molto
gravi". Ovviamente, il duro colpo viene attribuito alla
pandemia di coronavirus che, nonostante "la risposta politica
rapida e integrata tanto a livello dell'UE quanto a livello
nazionale", pare abbia scatenato qualcosa a cui il sistema non
era assolutamente preparato. In genere e considerando come
vanno le cose nella comunicazione istituzionale, stando a queste
previsioni c'è sicuramente da aspettarsi di molto peggio, in
particolare in paesi come l'Italia. In ogni caso, è
certo che il tutto sia da attribuire ad un microrganismo circa 600
volte più piccolo del diametro di un capello umano. Della
probabile inadeguatezza del sistema economico e finanziario che
governa in tutta l'Europa non se ne parla. Né, tanto meno, si tratta di
avviare, finalmente, un serio processo di riforma di questa UE, al
fine di renderla all'altezza di gestire ciò che sta accadendo e ciò che accadrà,
incluso l'impatto con la IV Rivoluzione Industriale (1) ormai alle
porte.
Le
proiezioni relative alla mitica "crescita",
per l'UE e la zona euro, annunciano un ribasso
di circa nove punti percentuali
rispetto alle previsioni
economiche d'autunno 2019
e, in merito a un ambito che ci sta particolarmente a cuore, secondo le previsioni il tasso di disoccupazione nell'UE
passerà
dal 6,7 % del 2019 al 9 % nel 2020,
per poi calare all'8 % circa nel 2021. L'economia della zona
euro subirà una contrazione record nel 2020, per poi riprendersi
leggermente nel 2021.
L'approccio
fortunatamente democratico del virus ha fatto si che lo shock per
l'economia dell'UE sia "simmetrico", nel senso che la
pandemia ha colpito tutti gli Stati membri. Tuttavia, secondo le
previsioni, la ripresa economica di ciascuno Stato membro
dipenderà, oltreché dall'evoluzione della pandemia in ciascun
paese, anche e soprattutto dalla struttura economica di ciascuno e
dalla relativa capacità di "rispondere con politiche di
stabilizzazione". Ovviamente, considerato che nel Mercato
Unico Europeo le economie degli stati sono interdipendenti, la
situazione della ripresa in ciascuno Stato membro incide ovviamente
sull'intero sistema e, quindi, anche sulle capacità di ripresa di
tutti gli altri. Queste considerazioni dovrebbero aiutarci a
spiegare molte cose in merito a quanto avvenuto in relazione alla
traballante "solidarietà" tra gli stati membri dell'UE
in questo periodo ed a riflettere sul fatto che, purtroppo, l'Italia sarà uno di paesi che verranno più duramente colpiti.
A
livello di istituzioni europee, chi si occupa di "economia al
servizio delle persone" annuncia
che le "ricadute immediate per l'economia globale
saranno molto più gravi di quelle della crisi finanziaria, ma la
profondità dell'impatto dipenderà dall'evoluzione della pandemia
e dalla nostra capacità di riprendere in sicurezza l'attività
economica e di ricominciare a crescere successivamente".
Dunque, non pare si tratti di
un problema istituzionale, politico, economico e sociale ma di un
problema sanitario benché, continua il responsabile dell'”economia
per le persone”: “Lo shock è simmetrico: tutti i
paesi dell'UE ne sono colpiti e, secondo le previsioni, quest'anno
saranno tutti in recessione. La nostra ripresa collettiva dipenderà
da risposte costanti, forti e coordinate a livello nazionale e
dell'UE. Insieme siamo più forti."
Più
realista è Paolo Gentiloni,
responsabile europeo per l'Economia che, senza paura di spaventare i soliti
fessi che alla fine dovranno pagare il conto, ha dichiarato:
"L'Europa sta subendo il più forte shock economico dalla
Grande depressione".
Un duro colpo alla “crescita” seguito da una ripresa “incompleta”
Secondo
le previsioni "l'economia dell'UE non riuscirà a recuperare
interamente le perdite di quest'anno prima della fine del 2021. Gli
investimenti resteranno contenuti e il mercato del lavoro non si
riprenderà completamente.". Tutti comunque d'accordo sul fatto
che le responsabilità di quanto accade non siano certamente da
attribuire al pericoloso – e inadeguato - modello economico che
applichiamo (2), bensì al “coronavirus” che, guarda caso, "ha
colpito duramente i consumi" (e non i “consumatori” o i cittadini e le cittadine), la
produzione industriale, gli investimenti, gli scambi, i flussi di
capitali e le catene di approvvigionamento (e non i sistemi
sanitari e di tutela e protezione delle persone che, soprattutto in
alcuni paesi, hanno trasformato un'influenza in una pandemia
mortale).
La soluzione?
La Soluzione è
la solita. Quella di sempre. Il buon, vecchio “percorso di crescita sostenibile e inclusiva”, buono per tutte le stagioni.
La vecchia strada quindi. Quella che noi tutti, europei e europee oneste/i contribuenti,
siamo costretti a percorrere ormai da decenni senza che nessuno ci
dica dove conduce e come facciamo a liberarla dalle rovine, dalle
macerie e dai cadaveri che ci lasciamo alle spalle quotidianamente in tutto il Pianeta e che, ovviamente, ostacoleranno poi il cammino e
il futuro stesso dei nostri figli e delle nostre figlie.
La disoccupazione è destinata a crescere, anche se le misure politiche dovrebbero limitarne l'aumento
Per contribuire a
limitare la perdita di posti di lavoro sono stati messi in campo importanti strumenti relativi, ad esempio, alla riduzione dell'orario lavorativo, all'integrazione
salariale, al sostegno alle imprese, etc.. Tuttavia, secondo le previsioni: "la pandemia di
coronavirus avrà gravi ripercussioni sul mercato del lavoro" e alcuni
Stati membri vedranno aumentare la disoccupazione in misura
maggiore rispetto ad altri. Tra questi Stati rientrano quelli "con una percentuale elevata
di lavoratori con contratti a breve termine e quelli in cui gran
parte della forza lavoro dipende dal turismo".
Inoltre: "anche i giovani che entrano nel mercato del lavoro in questo momento avranno maggiori difficoltà a trovare il loro primo impiego".
E', inoltre, sempre il virus che, infine, "potrebbe anche lasciare cicatrici indelebili sotto forma di fallimenti e danni a lungo termine al mercato del lavoro". Tutto ciò in un sistema che, dopo decenni di enormi investimenti e la mobilitazione di risorse impensabili, registra ancora un livello di disoccupazione che, come sanno anche i bambini, è ben oltre del 6,7% (dichiarato) in Europa e del 9,8% (dichiarato) in Italia.
Inoltre: "anche i giovani che entrano nel mercato del lavoro in questo momento avranno maggiori difficoltà a trovare il loro primo impiego".
E', inoltre, sempre il virus che, infine, "potrebbe anche lasciare cicatrici indelebili sotto forma di fallimenti e danni a lungo termine al mercato del lavoro". Tutto ciò in un sistema che, dopo decenni di enormi investimenti e la mobilitazione di risorse impensabili, registra ancora un livello di disoccupazione che, come sanno anche i bambini, è ben oltre del 6,7% (dichiarato) in Europa e del 9,8% (dichiarato) in Italia.
Un calo netto dell'inflazione
Si
prevede che "quest'anno i prezzi al consumo diminuiranno in modo
significativo a causa del calo della domanda e del forte ribasso
dei prezzi del petrolio; questi due fattori dovrebbero più che
compensare gli isolati aumenti dei prezzi dovuti a interruzioni
delle forniture connesse alla pandemia". Ovviamente, le previsioni non annunciano un'incisivo impegno delle istituzioni coinvolte nella definizione e applicazione di severe misure rivolte a impedire la speculazione,
peraltro vigliaccamente attiva anche in questo periodo ne, tantomeno, di interventi rivolti a combattere in modo incisivo e radicale la piaga della corruzione, che vede l'Italia ai primi posti in Europa.
La domanda è: chi pagherà?
Secondo le previsioni gli Stati membri avrebbero "reagito in modo deciso con misure fiscali volte
a limitare i danni economici causati dalla pandemia". Purtroppo, come è ben noto a tutti/e, tali misure sono ben lungi (a parte qualche piccola eccezione) dal colpire duramente sia i paradisi fiscali e coloro che, allegramente, ne beneficiano, che la diffusione del "nero", piaga che colpisce gravemente taluni paesi. Nonostante tale "decisa" reazione degli Stati: "Gli
"stabilizzatori automatici, come i versamenti di
prestazioni di sicurezza sociale, associati a misure discrezionali
di bilancio sono destinati a provocare un aumento della spesa".
Di conseguenza si prevede che il "disavanzo pubblico aggregato della
zona euro e dell'UE passerà da appena lo 0,6 % del PIL (3) del
2019 a circa l'8½ % nel 2020, prima di scendere al 3½ %
circa nel 2021". Ma non basta: "il rapporto debito pubblico/PIL è anch'esso destinato a
crescere: nella zona euro si prevede che aumenterà dall'86 %
del 2019 al 102¾ % nel 2020, per poi calare al 98¾ %
nel 2021, mentre nell'UE aumenterà dal 79,4 % del 2019 al
95 % circa quest'anno, per poi scendere al 92 % l'anno
prossimo.".
Livello di incertezza eccezionalmente elevato, rischi di peggioramento, divergenze tra gli stati UE, cicatrici indelebili sul mercato del lavoro e assenza di una "strategia comune"....
Secondo
le previsioni di primavera la situazione è “offuscata da un
livello di incertezza maggiore rispetto al solito” e “Anche
i rischi che gravano su queste previsioni sono eccezionalmente
elevati e orientati verso un peggioramento”. Una pandemia più
grave e durevole di quanto attualmente previsto potrebbe infatti
causare una diminuzione del PIL di gran lunga superiore a quanto
ipotizzato nello scenario delle previsioni che, peraltro, paventano anche la possibile
"assenza di una strategia comune per la ripresa a livello dell'UE
dal carattere forte e tempestivo" che condurrebbe a "gravi distorsioni nel mercato unico e a profonde
divergenze economiche, finanziarie e sociali tra gli Stati membri
della zona euro. Vi è inoltre il rischio che la pandemia possa
innescare cambiamenti più drastici e permanenti nell'atteggiamento
nei confronti delle catene del valore globali e della cooperazione
internazionale, che peserebbero sull'economia europea che è
estremamente aperta e interconnessa.
Contesto
Le
previsioni si basano su una serie di ipotesi tecniche relative ai
tassi di cambio, ai tassi di interesse e ai prezzi delle materie
prime, aggiornate al 23 aprile. Per tutti gli altri dati, comprese
le ipotesi relative alle politiche governative, le previsioni
tengono conto delle informazioni disponibili fino al 22 aprile
incluso. A meno che le politiche non siano sufficientemente
dettagliate e annunciate in modo credibile, le proiezioni
presuppongono che restino invariate.
La
Commissione europea pubblica ogni anno due previsioni complessive
(primavera e autunno) e due previsioni intermedie (inverno ed
estate). Le previsioni intermedie riguardano i livelli annuali e
trimestrali del PIL e dell'inflazione per l'anno in corso e l'anno
successivo per tutti gli Stati membri, nonché i dati aggregati a
livello della zona euro e dell'UE.
Le
prossime previsioni economiche della Commissione europea saranno le
previsioni economiche intermedie d'estate 2020, che saranno
pubblicate a luglio 2020. Esse riguarderanno solo la crescita del
PIL e l'inflazione. Le prossime previsioni complete saranno
pubblicate a novembre 2020.
Per ulteriori informazioni
Versione integrale del documento: Previsioni economiche di primavera 2020Il Vicepresidente Dombrovskis su Twitter: @VDombrovskis
Il Commissario Gentiloni su Twitter: @PaoloGentiloni
La DG ECFIN su Twitter: @ecfin
(1)“Tutto
questo mostra anche la inadeguatezza delle strutture internazionali
di governo sinora predisposte a fronteggiare le crisi. Siamo passati
da un mondo unipolare, alla odierna pluralità di modi di governo.
Ecco perché è urgente definire quanto prima nuove strategie per il
nostro comune destino.” Per semplificare: come nessun uomo è
un’isola, anche le esigenze della società sono da considerare
sempre nel loro valore per la intera collettività.” (Klaus
Schwab, fondatore del World Economic Forum).
(2) Si veda al riguardo questo interessante articolo del quotidiano spagnolo "El Pais".
(3) In relazione al PIL si veda al riguardo la mia nota "Chi ha paura del benessere?".
(2) Si veda al riguardo questo interessante articolo del quotidiano spagnolo "El Pais".
(3) In relazione al PIL si veda al riguardo la mia nota "Chi ha paura del benessere?".