E' inutile negarlo. Questa UE è ad un bivio e pare abbia deciso di incamminarsi mestamente sul viale del tramonto. Non senza confermare la sua vera natura di comodo giocattolino nelle mani degli stati membri e del ben noto "alleato" di sempre. Non posso quindi non reagire con alcune mie considerazioni personali al riguardo, che riconduco volutamente alla mia esperienza in Europa. Lo faccio riprendendo e adattando alle recenti circostanze un mio post di qualche tempo fa che, tra l'altro, tenta di mettere in discussione il ruolo tristemente passivo dell'Italia nel quadro europeo.
L'UE
è il mio lavoro. Sono un'europeista convinto e, lo sottolineo,
per me l'Europa significa sia impegno politico che professionale. Si tratta di un lavoro che io e un gruppetto
di colleghi italiani ci inventammo a Bruxelles circa 30 anni fa.
Fondammo la prima società di consulenza italiana che, direttamente
da Bruxelles, si occupava di relazioni con l'allora “Comunità
Europea”. Ritengo quindi di conoscerla discretamente e di poter
dire la mia non solo in quanto europeista sfegatato ma anche, e
soprattutto, per aver vissuto di persona,
anche dal punto di vista professionale, alcuni dei momenti
fondamentali del processo di costruzione europea tuttora in corso.
Premetto alcuni
aspetti di questa UE che in molti, troppi, ignorano.
Purtroppo è proprio dalla mancata conoscenza di queste cose che
derivano le diverse prese di posizione populiste, sovraniste e via
dicendo, tutte caratterizzate da un elemento in comune: l'ignoranza;
intesa nel senso di “non conoscere determinate cose per non
essersene mai occupato o per non averne avuto notizia”(1)
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Ecco alcune mie considerazioni:
Quando
l'Italia in Europa contava qualcosa.
E pensare che alla fine
degli anni 80 l'Italia si stava riprendendo. A Bruxelles tutti noi si
iniziava a lavorare all'Obiettivo 92, la creazione del Mercato Unico
Europeo, 320 milioni di persone, uno dei più importanti al Mondo.
Un'opportunità fondamentale per le nostre aziende! All'epoca
ero un giovane funzionario della Delegazione della Confindustria a
Bruxelles. Io ed i miei giovani colleghi e colleghe eravamo fieri di
rappresentare l'industria italiana in Europa. I tedeschi ci
invitavano a casa loro a raccontare il nuovo “Miracolo
italiano”....Il tessile, l'industria meccanica, il mobile e
l'arredamento, il design, l'agroalimentare.....Che forza!! Ma
intanto, viscidamente e subdolamente, in Italia ricominciava il
solito magnamagna....Nonostante
il nostro impegno la deriva era iniziata.
Mercoledì
Nero, Tangentopoli, Mani Pulite...
Ricordo
ancora quel “mercoledì nero” del settembre del 1992 in cui la
Lira venne cacciata dal Sistema Monetario Europeo. In quegli anni
(91-95) l'Italia era impegnata su alcuni fronti di non poco conto!
Stiamo parlando di Tangentopoli,
Mani Pulite e della
fine della Prima Repubblica. Le
parole che ricorrevano di più erano “Corruzione”
e “Conflitto di
Interessi”. Un triste
fardello che inquina ancora oggi l'Italia, sempre ai primi posti in
Europa nel contrastare il perseguimento del bene comune per
favorire interessi privati in cambio di danaro o altri sporchi
benefici. Pensate forse che i nostri Partner europei non sappiano con
chi hanno a che fare?
Pensate che sia una balla il fatto che in Europa gli italiani sono un
punto fermo di riferimento sui mille modi per violare le regole?
Spaghetti, Mafia, “se po' fa”
e tanta allegria, questa è l'immagine che abbiamo deciso di dare!
Senza considerare l'assurda e dannosa burocrazia,
frutto dell'assoluta mancanza di fiducia tra la cittadinanza e lo
Stato. Iniziò un difficile periodo in cui, ad esempio, quando io ed i miei colleghi partecipavamo a riunioni (spesso nel grattacielo di Bruxelles noto allora come “Olivetti
Tower”) con i rappresentanti di altri
paesi, sapevamo benissimo che una parte importante del nostro impegno
in quella sede doveva essere, purtroppo, quella di sgombrare il
terreno da quei pregiudizi. Da
allora non è cambiato molto.
L'Italia ri-affonda nella crisi e questa Europa continua ad essere ciò che è stata sinora: un
comodo giocattolino nelle mani degli stati membri (o solo di alcuni) e del suo tradizionale "alleato" di sempre: gli USA.
In brutale sintesi: quando le cose vanno bene è merito dello
Stato; quando vanno male la colpa è dell'Europa e, a prescindere -
come direbbe Totò - è colpa dei tedeschi, dei francesi, degli
olandesi...Gli inglesi? In quel quadretto ci stavano dentro “
solo per rompere le scatole”.
Ricordo ancora che in quel periodo circolava tra noi "lobbisti" a Bruxelles un documento di riflessione
sulla “Politica Europea”, elaborato dall'Unione Cristiano Sociale
della Baviera (CSU)
e dall'Unione Cristiano-Democratica di Germania
(CDU).
Il documento delineava che sarebbero stati cinque i paesi del
cosiddetto “nucleo duro”
dell'€, ossia Germania,
Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo, e spiegava nel dettaglio le
condizioni attraverso le quali l’Italia e qualche altro Paese
potevano entrare nella partita;
cioè quando quei paesi: “avranno risolto alcuni dei
loro attuali problemi e nella misura in cui essi stessi intendono
assumere gli impegni citati”.
Da parte sua Romano Prodi (all'epoca Presidente del Consiglio dei Ministri)
rassicurava tutti dichiarando
che:” l'Italia ha gli stessi obiettivi di stabilità
del collega tedesco (Helmut
Kohl)" e che “L'Italia e la Germania vogliono che ci
sia un'Europa forte economicamente e più unita politicamente"
e, infine “L'Europa deve nascere con criteri di rigore e
ciò non solo nell'interesse tedesco ma anche, in questa fase
storica, dell'Italia". Iniziava
così un periodo in cui la politica italiana, al centro, a destra
come a sinistra, decise di
investire tutto sull'Europa e l'€,
visti
come carro su cui salire al volo, costi quel che costi, per
aumentare i consensi a livello nazionale.
Fu così che iniziarono a firmare di tutto, spesso anche senza
leggere.
Un esempio? L'Italia
e l'€.
Tra il 1994 ed il 1995 iniziò il percorso di costruzione della Moneta Unica. Fu,
come al solito, l’asse franco-tedesco a gestire la questione.
Partecipai con entusiasmo a quel processo, anche attraverso un
piccolo finanziamento che ricevetti dalla Commissione Europea nel
quadro del programma "Prince
- L'euro: una moneta per l'Europa", che aveva
l'obiettivo di informare il pubblico sull'introduzione della Moneta
Unica”. Fu in quello scenario che ebbi modo di toccare con mano il
modo in cui l’Italia approcciava uno dei momenti più importanti
della sua Storia. La faccio breve. Nella fase di negoziazione
dell'€, mentre i tedeschi, i francesi e altri inviavano a Bruxelles
persone super-preparate, addestrate a portare a casa i risultati e
con ordini precisi da eseguire nell'interesse del loro Paese,
l'Italia adottava il solito approccio alla “volemose bbene, aoh,
semo tutti europei”, ossia: si a tutto purché si faccia in
fretta e poi tutti alla Grand Place a bere birra trappista. E
firmarono di tutto, spesso senza sapere bene cosa, ne quali sarebbero
state le conseguenze.
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Il
portachiavi con il progetto
definitivo
della moneta da 1€ che mi regalò la Commissione Europea
|
Il parcheggio a Bruxelles.
Ma la cosa peggiore è che nulla abbiamo appreso dagli errori del
passato. Ancora oggi l'approccio che ho appena descritto è
vivo e vegeto
e continua a mietere disperazione
e...antieuropeismo.
Sapete che l'UE mette il naso in circa il 70% della legislazione che
adottiamo in Italia?
E
noi chi ci mandiamo al Parlamento Europeo?
A parte la Bonanima di David Sassoli e pochissimi altri che apprezzo, il nostro
Paese è famoso in Europa per la lunga
schiera di cantanti, veline, attori, atleti e politici ormai
trombati in Italia,
che si avvicendano nella massima Assemblea europea. E non solo. Le
rappresentanze di
istituzioni nazionali e regionali
che dovrebbero svolgere a Bruxelles un delicato
lavoro di lobby nella
difesa dei nostri interessi
vengono, troppo spesso, affidate a personaggi inviati a Bruxelles a
suon di calci nel sedere e non per le loro conoscenze e capacità
tecniche. Di funzionari e dirigenti italiani in gamba ne ho
conosciuto tantissimi a Bruxelles. Purtroppo la gran parte di loro
lamentava il fatto che, troppo spesso, il loro lavoro non veniva
compreso o restava senza seguito. In sintesi: a Bruxelles puoi anche
avere le persone più competenti del Mondo...Ma se poi a Roma, a
Milano o a Cagliari.....
Italexit?
C'è chi sostiene che la Brexit sia da attribuire a "ordini superiori" provenienti dal "tradizionale alleato di sempre" ma, in ogni caso, se è avvenuta è anche “grazie” al duro e intenso
lavorio, soprattutto nei social network, di persone spesso
inconsapevoli e opportunamente manipolate.
Anche in Italia il lavorio all'ombra dei social network e dei mezzi pubblici di comunicazione funziona alla grande. Soprattutto in realtà caratterizzate da preoccupanti percentuali di analfabetismo - anche funzionale -, dispersione scolastica, corruzione, etc...
Social e mezzi di comunicazione che, nell'offrire un ampio panorama di superficialità,
improvvisazione e di protagonismo attribuito a persone che ragionano con parti
del corpo diverse dal cervello, hanno fatto e continuano a fare tanti,
tanti danni all'Italia, alle sue Regioni e al Progetto Europeo.
Un collaudato sistemino che si fonda sull'attribuire a qualcun'altro la colpa di tutto. Oltre alla solita e ben collaudata storiella dei "negri che vengono a rubarci il lavoro", evidenzio un'attimo quella degli italiani poveretti, dell'Europa cattivona e dei tedeschi
nazisti. E poi, "a prescindere", la colpa è in ogni caso dell'"Europa matrigna" che discrimina i poveri italiani.
L'UE, cos'è?
Ricordo
le barzellette sull'italiano, il francese e il tedesco. Noi ci
scherzavamo sopra da sempre ma... oggi rifletto sul livello di
importanza che il nostro Paese attribuiva e attribuisce all'UE.
E'
determinato dal solito "furbetto" italiano che frega tutti oppure.... anche dal livello della sua stessa “Classe Politica”?
Tutto tranne cambiare non
“Questa”
Classe Politica
italiana ma “La” Classe
politica italiana. Tutto tranne che impegnarsi per cambiare, ovviamente in meglio, questa UE assicurando anche una presenza italiana a Bruxelles forte e qualificata.
Ma per farlo occorre sforzarsi per conoscere cosa sia l'UE, cosa faccia e, soprattutto, cosa possa fare per noi.
Ne più e ne meno di come conosciamo l'esistenza del nostro Parlamento, del Consiglio dei Ministri e, più o
meno, cosa fanno e come funzionano le nostre istituzioni.
Perchè non ci interessa avere almeno una pallida idea dell'esistenza del Consiglio dei Ministri dell'UE o di cosa
faccia il Parlamento Europeo o la Commissione Europea?
Chi si ritrova poi sul groppone le decisioni che prendono?
Indovinate un pò?
Forse il politico trombato di turno che, vinta la lotteria del Parlamento Europeo, si intasca un interessante stipendietto ed una bella pensioncina?
Ma per l'Italia e buona parte degli stati membri dell'UE va benissimo così!
Sinora qualsiasi governo italiano ha avuto ed ha
tutto l'interesse a che il Popolo continui a ignorare cosa è, cosa
fa o cosa può fare l'UE. Meno la gente sa e meglio è. Altrimenti
si rischia di rompere il giocattolino!
Ma
quale Progetto Europeo?
Non mi dilungo. E' il progetto voluto
dalla gran parte dei padri fondatori e delle madri fondatrici
dell'UE: L'Europa dei Popoli! L'Europa delle istituzioni che più
di altre li rappresentano: le Regioni. Un'Europa dove gli stati -
in gran parte vecchi carrozzoni governati da lobby - non hanno più
nessun senso di esistere e vengono “rottamati”. Tra l'altro, a
credere fortemente in questo progetto fu un sardo come me. Il
compianto Mario Melis, che ebbi l’onore di conoscere quando era Euro-Parlamentare, contribuì
fortemente a quella conquista delle regioni europee - e di noi
“europeisti sino al midollo” - che fu la creazione con il
Trattato di Maastricht del Comitato
delle Regioni. Conservo ancora le copie cartacee del suo
intervento al Parlamento Europeo nel febbraio del 1990, e della sua
Relazione alla “II Conferenza Parlamento Europeo-Regioni della
Comunità” che si tenne a Strasburgo nel 1991. Si trattava, tra
l’altro, del “ruolo delle regioni, quali forze emergenti
per articolare e organizzare una moderna democrazia nel governo
dell’Europa”.
Molte
prese di posizione, anche autorevoli, che leggo in questo periodo,
nell'attribuire a tutti tranne che a noi stessi le colpe e le
responsabilità dei problemi che stiamo vivendo, continuano a far
riferimento e ad assolvere gli unici, veri, colpevoli di ciò che
accade: gli stati.
Ed è una
pia illusione credere che l'UE abbia risolto in Europa il
problema, radicato nella sua Storia, dei continui conflitti tra gli
europei. Come dice un caro
amico: “L'Europa è un
Continente molto pericoloso”.
L'UE ha soltanto spostato il
terreno del conflitto. Non
ci scanniamo più tra noi nei campi di battaglia, ma dietro le
scrivanie dei ministeri o nelle sedi delle istituzioni europee è una
guerra continua. Una guerra che, come tutte, fa morti e feriti, soprattutto tra le
fasce più deboli della popolazione.
Inoltre: una Pace posticcia dentro ai
nostri confini ma fuori da quei confini, altrove, l'inferno.
Un inferno che oggi minaccia di inghiottire anche noi!
La
soluzione?
C'è ma è troppo costosa, soprattutto in termini di
volontà politica e di impegno da parte di tutti/e.
E poi....Devo dire tutto io?
Sergio
Diana
“L’Europa ha bisogno di svegliarsi. È mezza addormentata.”
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- Dal Vocabolario TreccaniLa foto è tratta da un dipinto di Michael Sowa
FONTI:
- Riccardo Brizzi Michele Marchi, Il governo Prodi e l’ingresso italiano nella moneta unica: tra difficoltà interne e sfida europea (1995-1998)
- S. Gherardi, Rétablir la confiance pour consolider la lire, in ‟Le Monde”, 16 gennaio 1995.
- Commissione Europea, Corruption in the European Union
- E. Di Carlo (2020), Il conflitto di interessi nelle aziende. Linee guida per imprese, amministrazioni pubbliche e non profit, Giappichelli, Torino.
- Vent'anni di lotta alle mafie e alla corruzione in Italia, a cura di Giulia Migneco e Pierpaolo Romani. Rubettino Editore
- Analfabetismo funzionale, famiglia e scuola sono le possibili soluzioni


